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C’è un serial killer a piede libero in Lombardia?

Vediamo se tre omicidi avvenuti tra 2016 e 2017 sono collegati tra loro, se hanno lo stesso autore.

Il caso Gianna Del Gaudio

Il 26 agosto 2016, in una villetta di Piazza Madonna delle Nevi, a Seriate (Bergamo), Gianna Del Gaudio, insegnante in pensione di 63 anni, molto religiosa, viene uccisa con una coltellata alla gola, in cucina, mentre sta lavando le cose della cena. L’assassino porta via la collana d’oro che aveva al collo. Il marito, Antonio Tizzani, dice che ha visto fuggire una persona trovata a frugare nella borsa di lei, ma non viene creduto. In una siepe di quelle belle tagliate pari, a 100 metri di distanza, sei mesi dopo, vengono trovati dei guanti di lattice e un taglierino sporco di sangue della vittima, dentro una confezione di mozzarelle.

Sui guanti c’è dna ignoto, ma anche dna di Tizzani. Viene arrestato, il Pm chiede l’ergastolo (una lite furiosa diventata omicidio d’impeto), sarà assolto in Assise e Appello. È stato il primo delitto di un serial killer, che ha colpito altre due volte? Perché quel dna ignoto è stato ritrovato anche sulla scena dell’omicidio della manager Daniela Roveri; e il modus operandi dei delitti è lo stesso anche nell’omicidio della pensionata Marilena Negri.

Tizzani è colpevole o innocente?

Quella sera lui e la moglie cenano con il figlio e la compagna: tutto tranquillo, nessuna tensione tra i coniugi. Andati via figlio e compagna, Tizzani esce nel giardinetto davanti la villetta, accende le luci, sta innaffiando i fiori. Passano alcuni minuti e vede un tizio con felpa e cappuccio che in soggiorno fruga nella borsa di Gianna. Lo mette in fuga inseguendolo fin dove può. Rientra, trova la moglie nel sangue, chiama i soccorsi. L’assassino ha rubato la collana della moglie.

Perché non impossessarsi, allora, anche di anelli e orecchini, che la donna portava? Ma è il sangue l’elemento che fa la differenza, in questa storia. E il tempo. Tizzani ne avrebbe avuto pochissimo per nascondere guanti e taglierino. Inscenare un furto. E poi, non è macchiato di sangue come avrebbe dovuto essere. Né lo sono fisso e smartphone che ha usato. Indossa, piuttosto, un anello la cui trama non ha trattenuto alcuna microtraccia di sangue.

Ci sono invece tracce ematiche sull’interruttore del soggiorno, e sotto. Sulle porte. Insomma, se è stato lui o si è macchiato o non si è macchiato. Però. C’è dna di Tizzani su quel taglierino, un oggetto che non era suo, come lui ha ammesso. Come mai? Un’ipotesi è che avendo l’assassino portato via il taglierino mettendolo nella busta delle mozzarelle, si sia verificata qui una contaminazione.

Il caso Daniela Roveri

E il serial killer? La comune presenza dello stesso dna ignoto su entrambe le scene del crimine, ha fatto accostare il delitto di Seriate all’omicidio di Daniela Roveri. Colognola, quartiere di Bergamo sud,  via Keplero 11. Siamo a 7 chilometri da Gianna Del Gaudio. Sono le 20 del 20 dicembre 2016, quando Daniela Roveri, 48 anni, manager di una azienda, single e senza figli, una donna tutto lavoro, Appena parcheggiato, entra nell’androne del suo palazzo. L’assassino da dietro le taglia la gola, portandosi via la borsa e una fedina di diamanti. Sulla guancia della vittima, lo stesso dna ignoto. Anche qui, lascia però qualcosa: un solitario di maggior valore, al collo.

In realtà questo dna ignoto è un aplotipo Y che non è utile a identificare due persone, ma indica con certezza se hanno lo stesso ascendente maschile (lo si verifica infatti per sapere se una persona è indirettamente legata ai fratelli o parenti del presunto padre). Che sia lo stesso del caso Del Gaudio lo confermeranno sia il genetista Giorgio Portera, per la difesa Tizzani, che i Ris.

Il caso Marilena Negri

Passano sette mesi e il 23 novembre 2017, a 50 km di distanza, Marilena Negri, vedova, 67 anni, entra nel parco di Villa Litta a Milano, per portare fuori il cane. Un uomo le taglia la gola, le strappa la collana col ciondolo e fugge. Varie telecamere lo riprendono: una farmacia, un distributore di benzina. Ma è lo stesso uomo degli altri due delitti?

Basta per parlare di un serial killer?

No. Le tre donne sono state accoltellate alle spalle da qualcuno che ha rubato in fretta la prima cosa che poteva arraffare ed è fuggito. Nessuno dei tre delitti appare più di quel che è: una rapina fatta probabilmente da un tossico, che magari ha agito sotto l’effetto di stupefacenti. Non c’è alcun aspetto espressivo in questi delitti, nessun elemento psicologico: una coltellata e via. Al di là delle suggestioni (che peraltro legano i primi due casi tra loro; con il terzo c’è in comune solo il modus operandi, dna non ce n’era) quel che si vede è piuttosto e soltanto un pericoloso pluriomicida in libertà.

Foto di Darius Bashar su Unsplash

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