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Donna disperata

Milena Quaglini, la donna nata sotto una cattiva stella diventata serial killer per difendersi

Milena Quaglini ha ucciso tre uomini tra il 1995 e il 1999, ma lo ha fatto per difendersi dalle violenze subite.

È stata definita la ‘casalinga serial killer’ o ‘la vedova nera del pavese’. Milena Quaglini ha ucciso tre uomini in appena quattro anni, tra il 1995 e il 1999, confessando e venendo arrestata e condannata, ma anche liberata tra un delitto e l’altro, in una storia tragica di violenze e soprusi che hanno scatenato la follia omicidiaria di questa donna sfortunata.

Una storia sconosciuta ai più, che ricorda per certi versi quella della prostituta americana Aileen Wuornos, che uccise sette uomini, interpretata nel colossal hollywoodiano ‘The monster’ da un’incredibile Charlize Theron.

Milena Quaglini, una donna nata sotto una cattiva stella

La vicenda umana, prima che criminale, di Milena Quaglini, nata nel 1957 in provincia di Pavia, è caratterizzata da violenze e soprusi che l’hanno perseguitata fin da piccola, per colpa di un padre alcoolizzato e manesco, e di uomini altrettanto sbagliati che hanno contrassegnato la sua tribolata esistenza fino al suicidio a soli 44 anni, quando era detenuta dopo il terzo omicidio commesso.

Una donna nata e vissuta sotto una cattiva stella.

La sua storia parte da un paesino vicino a Broni, nella provincia pavese, coltivazioni di riso, alcuni impianti industriali e la nebbia a nascondere una casa basa dove per anni ha subito violenze in famiglia, anni di botte, di paura, di lacrime.

A 18 anni Milena scappa di casa, emigra nel comasco, si arrabatta con lavori saltuari rimboccandosi le maniche come donna delle pulizie e badante. Incontra un uomo perbene, si sposa, ha un figlio, le cose vanno meglio ma il suo è un destino maledetto: suo marito muore per un brutto male lasciandola sola, lei scivola in una spirale depressiva, dove la bottiglia diventa l’ancora a cui aggrapparsi nel buio della solitudine.

Eppure Milena prova a rialzarsi, torna nel pavese e incontra Mario, l’uomo sbagliato, purtroppo simile a suo padre: violento, prepotente, paranoico.

Botte e minacce, ma insieme fanno due bambine pur tra mille problemi quotidiani.

Lui beve tanto e lavora poco, annega nei debiti e un giorno la loro casa viene pignorata.

La famiglia si sfascia e Milena, allora 37enne, decide di cambiare aria e vita.

Si trasferisce con le figlie in Veneto, nel vicentino, e ricomincia a faticare con lavoretti saltuari, fino a quando trova un posto di badante presso un 83enne, di nome Giusto.

Il primo delitto nel 1995

Milena non riesce a far quadrare i conti, ha bisogno di soldi, beve e fa uso di antidepressivi: l’anziano che cura gliene presta parecchi di quattrini, diversi milioni di lire, che lei non può restituire.

Tra i due c’è uno strano rapporto, Milena lo accuserà di averla ricattata sessualmente, di pretendere rapporti in cambio di una parte del debito. Alla base del primo omicidio, nel settembre 1995, forse c’è anche un tentativo di stupro da parte dell’uomo, di sicuro tra i due scoppia una violenta colluttazione che sfocia in tragedia: la Quaglini fracassa sulla testa dell’anziano una lampada, poi avverte i soccorsi che arrivano quando l’uomo è agonizzante.

Giusto muore dopo il ricovero, alla Quaglini, dopo la sua stessa confessione, viene imputato l’eccesso di difesa, ma limita i danni con una condanna di venti mesi.

Il ritorno a Pavia e il secondo delitto

Milena torna a Broni dal marito Mario, da cui è separata, illudendosi di poter ricominciare, ma le cose vanno male fin da subito.

Alcool, botte, violenze e la depressione che ormai la accompagna: Milena si deve imbottire di antidepressivi e arriva a tentare il suicidio incidendosi le vene di entrambi i polsi, ma viene salvata dai soccorritori.

La situazione è fuori controllo e precipita il 2 agosto 1998: ubriachi fradici Mario e Milena litigano, poi lui si addormenta e lei decide di farlo fuori, strozzandolo con la corda della tapparella.

Lui si sveglia, reagisce, ma nel corpo a corpo ha la peggio e Milena porta a compimento l’omicidio strangolandolo, incaprettandolo, poi avvolge il corpo in un tappeto e lo trascina sul balcone.

Dopo qualche ora telefona ai Carabinieri comunicando di aver ucciso il marito.

In sede processuale le viene riconosciuta la semi infermità mentale, la condanna è lieve pur trattandosi del secondo omicidio: appena sei anni e otto mesi, da scontare in una comunità di recupero.

Di fatto dopo nemmeno un anno Milena incredibilmente è di nuovo libera pur avendo compiuto due omicidi in appena tre anni.

Incontra un primo uomo, Salvatore, che tenta di violentarla, poi ne incontra un altro addirittura peggiore, Angelo, reduce da una condanna a sei anni di reclusione per aver violentato le figlie.

Il terzo delitto

L’apice, e l’epilogo, della sequenza omicidiaria di Milena Quaglini si consuma nell’ottobre 1999 quando uccide anche Angelo, a Bascape’, sempre nel pavese, nella casa di lui: durante l’ennesima lite l’uomo aggredisce e violenta Milena due volte, lei riesce a blandirlo e a somministrargli a sua insaputa una dose massiccia di tranquillanti sciolti nel caffè.

Una volta crollato in un sonno profondo Milena sposta Angelo nella vasca da bagno dove lo annega.

Nelle ore seguenti riesce ad occultare il corpo di Angelo in una concimaia ma i Carabinieri, insospettiti dalla scomparsa dell’uomo, in poche ore incastrano Milena, arrestandola nuovamente.

Occorreranno però tre settimane per ritrovare il cadavere di Angelo, ormai in decomposizione.

Il suicidio in carcere

Stavolta Milena finisce in carcere, nella casa di reclusione di Vigevano. Confessa senza reticenze anche questo suo terzo delitto, fornendo una sua motivazione: ha semplicemente reagito al male subito, ha ucciso quei tre uomini, Giusto, Mario e Angelo, per reazione alle loro violenze. In carcere Milena sembra trovare una sua serenità seguita da specialisti: dipinge, passa il tempo con piccoli lavoretti, sembra poter vedere la luce in fondo al tunnel di un lento recupero.

Ma la depressione e i suoi demoni non smettono di tormentarla e una notte, tagliando a strisce le lenzuola, sfruttando un gancio dell’armadietto, Milena riesce ad impiccarsi, dopo aver lasciato un biglietto di scuse per i suoi tre figli.

Il troppo male subito l’ha portata ad uccidere tre volte e poi ad uccidersi.

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