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La devianza prodotta dal mezzo televisivo: dipendenza dai media e debole interazione sociale

La “cattiva maestra televisione” informa in tempo reale sui fatti e offre un’opportunità di svago comoda ed economica. La sua pericolosità deriva non dal mezzo in sé ma dall’uso che ne fa sia chi la utilizza sia chi la realizza.

La teoria della dipendenza dai media analizza il rapporto tra il sistema dei media e l’apparato sociale. E’ una teoria ecologica in quanto concepisce la società come una costruzione organica fatta di strutture che si relazionano: questo sistema rappresenta una parte rilevante della nostra società.

L’invasività del mezzo televisivo può essere compresa analizzando due principali tecniche, quella della semplificazione e quella della globalizzazione delle culture.
La televisione opera una semplificazione in quanto la programmazione procede per stereotipi e generalizzazioni: un esempio è rappresentato dai cartoons americani, in cui Topolino è sempre il buono e i Bassotti sempre i cattivi, per cui si assiste ad una cristallizzazione dei ruoli.

Il mezzo televisivo non diffonde semplicemente informazioni ma possiede anche altre praticità, spesso sottovalutate. Può causare un rallentamento delle attività mentali e portare alla creazione di miti e personaggi, talvolta portatori di valori negativi. Un ruolo determinante lo svolge nella formazione del minore, figurando una vera e propria agenzia formativa ma non come la scuola e la famiglia. I mezzi di comunicazione di massa, infatti, rappresentano delle agenzie non formali e da molti ritenute non idonee. Per questo motivo è particolarmente importante porre attenzione sul continuo e ripetuto utilizzo della tv.

Il rapporto tv-minori è stato molto discusso e ha portato all’identificazione di tre diversi filoni: la visione critica, la visione intermedia e quella positiva. Indipendentemente dall’orientamento seguito tutte le teorie accettano che il mezzo televisivo è in grado di influenzare chi lo utilizza. Una teoria importante nello studio della comunicazione di massa, è sicuramente quella proposta da Gerbner.

La teoria della coltivazione di Gerbner nasce da uno studio sul tema della violenza in televisione.
L’autore ha elaborato la sua teoria della coltivazione attraverso lo studio della categoria degli heavy-users, sostenendo che l’uso compatto del mezzo televisivo non ha effetti immediati sul pensiero ma produce nel lungo termine un effetto di coltivazione e provoca un cambiamento della percezione della realtà, proiettando lo spettatore in un mondo plasmato da ciò che viene trasmesso in televisione.
La tesi portata avanti da questa teoria sostiene che la tv ha la capacità di fornire allo spettatore dall’infanzia all’età adulta (per questo si parla di coltivazione) una visione del mondo comune e condivisa, operando nella direzione di una unificazione della realtà.

La teoria della coltivazione di Gerbner costituisce un prolungamento della teoria della persuasione in quanto esprime l’idea che la mente dei consumatori possa essere coltivata nel lungo periodo grazie all’insistenza dei media rispetto ad alcuni temi. Gerbner pone però l’accento sulla quantità dell’esposizione e sul fattore tempo, che determina la dipendenza del consumatore.

Non sono mancate critiche a questa teoria che si concentrano sul modo casuale in cui è stata descritta la correlazione tra il vedere molta tv e il sentimento di paura, in quanto questi due fattori potrebbero anche essere associati in maniera opposta. L’altra grande critica mossa a questa teoria consiste nel considerare che è un risultato di ricerche il fatto che la televisione porti ad un aumento della violenza.

La vita non imita l’arte, imita la cattiva televisione.” Woody Allen, 1992.

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