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Il caso Daniela Cecchin: quando lo stalking diventa furia omicida

Il reato di stalking è determinato da diversi fattori, tra i quali l’abbandono e il rifiuto. Nella maggior parte dei casi, stalker e vittima hanno avuto una relazione in passato, ma a volte possono essere anche due sconosciuti, come è successo a Daniela Cecchin e Rossana D’Aniello

Le cause dello stalking: la genesi di un reato

Appostamenti, pedinamenti, telefonate indesiderate e minacce: lo stalking si caratterizza per una serie di azioni persecutorie rivolte ad una persona. In Italia continuiamo ad assistere ad episodi di stalking e molestie, nella maggior parte dei casi perpetrati nei confronti di donne. Spesso questi comportamenti aprono la strada ad azioni più violente come ad esempio l’omicidio.

Di solito, tra stalker e vittima c’è stato un rapporto di natura sentimentale finito male. Talvolta, però, le motivazioni dello stalking non risiedono in una relazione giunta al termine, ma esistono soltanto nella mente malata del molestatore. In alcuni casi, la vittima non conosce affatto il proprio persecutore.

Vi sono casi di stalking che nascono da un’aspettativa svanita per sempre, dalla mera idealizzazione dell’“oggetto del desiderio”, che diviene ossessione e induce lo stalker a fare di tutto per averlo. Con ogni mezzo ed eliminando ogni forma di ostacolo che si frappone tra lui (o lei) e l’obiettivo.

Gli stalker sono spesso individui soli, insoddisfatti, bisognosi d’affetto, che nel corso della vita si sono sentiti più volte respinti e rifiutati, da qualcuno in particolare o dalla società in genere. Nel tempo, questi soggetti hanno accumulato rabbia e frustrazione, trasformatesi successivamente in comportamenti pericolosi e molesti.

Il caso di Daniela Cecchin

Una vita sola, una giovinezza infelice, una personalità disturbata possono essere il preambolo di una “carriera da stalker”. È il caso di Daniela Cecchin, impiegata comunale di Firenze, colpevole dell’omicidio di Rossana D’Aniello, moglie del farmacista Paolo Botteri, avvenuto l’8 novembre del 2003. Un delitto feroce ed efferato, una vera e propria “mattanza”, come l’hanno definita gli inquirenti che ritrovarono il corpo della vittima brutalmente pugnalato.

All’inizio l’omicidio sembra inspiegabile, senza movente. Successivamente Botteri ricorda alcune telefonate anonime ricevute mesi precedenti nel cuore della notte. Confrontando i tabulati telefonici, gli investigatori riescono ad inchiodare l’assassino: è Daniela Cecchin.

La donna confessa subito il delitto. Durante l’interrogatorio spiega agli inquirenti di averlo fatto per invidia “perché lei era bella e felice con suo marito”. Tuttavia, la Cecchin non conosceva Rossana D’Aniello. Conosceva appena il marito, un ex compagno universitario, che aveva visto un giorno per strada dopo tantissimi anni. In quell’occasione, per timidezza, non lo aveva nemmeno salutato, ma aveva iniziato a pedinarlo, fino a scoprire che aveva una moglie e una figlia.

Dopo “tutte le ingiustizie e le violenze che aveva subito nella vita”, quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, il fallimento definitivo. Rossana era tutto ciò che la signora Cecchin avrebbe voluto essere e che non era. Rossana era l’ostacolo tra lei e Paolo, “l’unico che ai tempi dell’Università le parlava”, l’unico che avrebbe potuto salvarla da una vita infelice e disperata.

Clicca qui per guardare il video sulla ricostruzione del caso.

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