IL MAGAZINE DEDICATO ALLE
INVESTIGAZIONI & SCIENZE FORENSI

di:  

Diffusione dei fenomeni violenti tra giovanissimi. Perché accade?

Sempre più episodi di violenza tra i giovani e spesso senza motivo. Perché? La famiglia e la scuola possono aiutare?

“La convivenza è il primo e più importante prodotto della  relazione sociale e nasce nell’interscambio tra il sistema  d’appartenenza -la famiglia – e l’estraneo” (R. Carli).

Sempre più giovani balzano alle cronache per essere stati vittime o aver provocato risse e discussioni in pieno giorno e per nessun valido motivo. Purtroppo questa estate ne abbiamo avuto conferma in più episodi di violenza sessuale che discussioni infervorate di notte tra giovani, magari dopo un drink di troppo.

Secondo la prospettiva dell’apprendimento sociale la probabilità che un adolescente commetta un atto delinquenziale aumenta quando i genitori, gli adulti significativi o i coetanei forniscono o rinforzano maggiormente modalità di comportamento antisociale piuttosto che pro sociale, oppure quando le figure autorevoli non puniscono in maniera efficace le condotte trasgressive.

Le relazioni all’interno della famiglia e i comportamenti devianti

Il supporto fornito dalla famiglia favorisce l’integrazione della  personalità in evoluzione e garantisce il contatto fra il ragazzo e società. Le difficili relazioni all’interno del nucleo familiare costituiscono un  fattore di rischio nel rappresentare fenomeni violenti o devianti. Alcuni studi hanno messo in evidenza come la  transizione dall’adolescenza alla vita adulta sia influenzata  dalla competenza e dall’abilità manifestata dalla famiglia nell’assolvere i suoi compiti di mediatore tra il sociale e il familiare.

La provenienza socioculturale dei ragazzi appartenenti alle  baby-gang non è accertata, ma da studi compiuti su altri  fenomeni quale il bullismo, si potrebbe ipotizzare  che non necessariamente i “baby criminali” siano il frutto di  realtà familiari e sociali devianti o disadattate.

La partecipazione al gruppo diminuisce le inibizioni sociali e  determina la diluizione delle responsabilità: i singoli membri  sperimentano sensi di colpa ridotti per gli atti compiuti. La gang fonda un proprio linguaggio e propri valori  orientando atteggiamenti e comportamenti del singolo, da  tenere in alta considerazione soprattutto nel caso di quei  minori particolarmente aggressivi, in quanto si  assocerà ad altri coetanei violenti. All’interno della scuola, questo atteggiamento ha spesso come deriva naturale il  bullismo, ma protratto nel tempo può originare vere e  proprie bande o associazioni a delinquere.

Quando si parla di violenza tra giovani, si può identificare una vera e propria differenziazione di azioni che vanno dall’atto fisico a quello verbale. Vi è da chiarire un punto nodale, i minorenni spesso autori di reato, sono giudicati anche in base al diritto penale minorile, differente da quello che incide sugli adulti, che a volte tende ad ammorbidire le sanzioni.

Lo scenario scolastico è caratterizzato da episodi sempre più oscillanti tra prepotenza e bullismo. In molti contesti la scuola è luogo di comportamenti conflittuali caratterizzati da prevaricazione, esclusione e violenza psicologica tra allievi e allievi, docenti e allievi, tra allievi, docenti e genitori.

La scuola, le agenzie di socializzazione e lo strumento della mediazione

La scuola rappresenta il luogo maggiormente popolato di estraneità,  dove per estraneità si intende sia l’alterità, l’altro sconosciuto, sia una  cultura-altra che ancora non ci appartiene.

Lo sviluppo di relazioni improntate alla convivenza è fondamentale per  organizzare rapporti che implementino e valorizzino le competenze  acquisite. I contrasti rappresentano uno dei modi attraverso cui le persone possono  entrare in relazione tra loro perché   veicolano la comunicazione.

Litigare può essere un momento importante e produttivo, consente di  esprimere e rendere evidenti “messaggi”, che non si era riusciti a  comunicare diversamente. Le persone urlano i propri bisogni e le proprie emozioni  quando non possono comunicarli in altro modo. Ecco perché, sempre più spesso, viene introdotta e utilizzata la metodologia del confronto e della mediazione tra adulti e ragazzi.

La legge 112/2011, istitutiva del Garante Nazionale per l’Infanzia e  l’Adolescenza, ha tra i suoi scopi quello di favorire lo sviluppo della  cultura della mediazione e di ogni istituto atto a prevenire o risolvere  con accordi conflitti che coinvolgano persone di minore età.

La mediazione è una attività in cui una terza parte neutrale, il  mediatore, ha il compito di favorire la comunicazione tra due o più  soggetti in conflitto che la legge identifica con l’autore e la vittima del  reato.

Questo perché, la  cultura diretta alla mediazione esercita un’azione  socio-educativa efficace nel costruire il senso di  responsabilità civica dei giovani e nel rafforzarne  l’identità attraverso la valorizzazione della prassi  discorsiva, che consente il riconoscimento di sé nel  dialogo con l’altro.

CONDIVI QUESTO ARTICOLO!

Iscriviti alla newsletter

    La tua email *

    Numero di cellulare

    Nome *

    Cognome *

    *

    *

    Inserisci sotto il seguente codice: captcha