IL MAGAZINE DEDICATO ALLE
INVESTIGAZIONI & SCIENZE FORENSI

di:  

cassazione

Reato di danneggiamento informatico: i dati personali possono essere trattati senza consenso per tutelare un diritto in sede giudiziaria

La Cassazione, con la sentenza n. 33809 /2021 afferma che la formattazione del computer aziendale da parte di un dipendente, integra la violazione dei doveri di fedeltà e di diligenza, tanto da rappresentare giusta causa di licenziamento.

Quale la decisione della Corte d’Appello e della Corte di Cassazione?

In particolare, i fatti di causa raccontano che un dirigente a seguito di dimissioni, consegnava il pc ricevuto in dotazione dell’azienda, privo di qualsiasi documento o dato aziendale. Dunque, un computer, totalmente formattato. Di contro, il datore di lavoro si affida ad un perito informatico, al fine di recuperare i dati cancellati.

Il perito, grazie, al recupero di una chiave di accesso di una piattaforma riesce a risalire ad alcune conversazione che l’ex dipendente aveva avviato con altre aziende concorrenti. La società, pertanto, chiedeva un risarcimento del danno a causa del comportamento avuto dal dirigente.

La Corte d’Appello chiamata ad intervenire rifiuta la domanda della società, ritenendola infondata non solo per mancanza di prove ma considerando anche non utilizzabili le conversazioni del lavoratore, in quanto acquisite in violazione della privacy della corrispondenza e in mancanza del suo consenso.

La Corte di Cassazione, ribalta il precedente risultato affermando che: il comportamento tenuto dal lavoratore risultava lesivo del patrimonio aziendale,  non solo dal punto di vista civilistico ma anche penalistico, integrando il reato previsto ai sensi dell’art. 635 bis del codice penale, intitolato, Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici. La condotta del dirigente risulta anche contraria agli obblighi di fedeltà e diligenza.

Relativamente alla possibilità di produrre in giudizio documenti contenenti dati personali, la Corte di Cassazione ha affermato che: “ è sempre consentita ove sia necessaria per esercitare il proprio diritto di difesa, anche in assenza del consenso del titolare, dovendo, tuttavia, tale facoltà di difendersi in giudizio essere esercitata nel rispetto dei doveri di correttezza, pertinenza e non eccedenza.

La Corte prosegue, in materia di trattamento dei dati personali: il diritto di difesa in giudizio prevale su quello di inviolabilità della corrispondenza, quando esso sia necessario per la tutela dell’esercizio di un di un diritto in sede giudiziaria. A condizione che i dai siano trattati esclusivamente per tale finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento.

CONDIVI QUESTO ARTICOLO!

Iscriviti alla newsletter

    La tua email *

    Numero di cellulare

    Nome *

    Cognome *

    *

    *

    Inserisci sotto il seguente codice: captcha