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Omicidio Serena Mollicone: riaperto il processo dopo 22 anni

A 22 anni di distanza dall’omicidio di Serena Mollicone, la Corte d’Assise di Roma ha riaperto il processo contro gli indagati, la famiglia Mottola e i carabinieri Quatrale e Suprani. Entro la fine dell’anno dovrebbe arrivare la sentenza definitiva sui colpevoli di questo brutale omicidio.

Omicidio Serena Mollicone: cosa accadde il 1° giugno 2001

L’omicidio di Serena Mollicone è uno dei cold case più controversi e misteriosi mai avvenuti in Italia.

Il 3 giugno del 2001, Serena Mollicone, una ragazza di appena 18 anni, fu ritrovata brutalmente assassinata dopo essere scomparsa per tre giorni. I carabinieri rinvennero il suo corpo in un boschetto nel comune di Arce, in provincia di Frosinone. La testa era ricoperta con un sacchetto di plastica, le mani e i piedi legati con dello scotch e del fil di ferro. La bocca e il naso erano avvolti con del nastro adesivo che, secondo gli inquirenti, le causarono un’asfissia meccanica.

Inizialmente le indagini portarono a un nulla di fatto. Nel 2008, però, il brigadiere Santino Tuzi, si suicidò in modo del tutto anomalo. Secondo le dichiarazioni, pochi giorni prima aveva raccontato alla Procura che Serena, la mattina del 1° giugno, era entrata nella caserma e da lì non era più uscita.

Nel 2011, gli inquirenti iscrissero nel registro degli imputati, l’ex maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, la moglie Annamaria e il figlio Marco. Stando all’accusa, la giovane era stata uccisa durante un diverbio verificatosi nell’appartamento della famiglia Mottola. Tuttavia, i test del DNA non fornirono alcuna compatibilità con gli indagati.

Le indagini e il processo alla famiglia Mottola

Nel 2016, la Procura chiese e ottenne la riesumazione del corpo di Serena Mollicone per essere sottoporlo a nuovi esami. La dottoressa Cristina Cattaneo, esperta in antropologia e odontologia forense, condusse ulteriori indagini nel tentativo di raccogliere nuove prove. La Cattaneo presentò una perizia di 250 pagine, evidenziando che gli organi genitali e l’ano di Serena erano stati asportati. Secondo il padre della ragazza, Guglielmo Mollicone, gli organi erano stati rimossi per eliminare eventuali tracce biologiche compromettenti.

Le indagini proseguirono. Uno degli elementi chiave del caso consisteva nell’arma del delitto utilizzata dall’assassino. L’accusa sostenne che Franco Mottola avrebbe spinto la testa di Serena contro una porta, causandole una frattura cranica. Nei capelli della vittima, infatti, si ritrovarono frammenti di legno, che confermarono questa teoria. Tuttavia, i legali della famiglia Mottola sostennero che non c’era un nesso diretto tra la frattura cranica e l’impatto con la porta, affermando che Franco Mottola avrebbe colpito la porta nei confronti del figlio.

Nel 2018, ulteriori accertamenti stabilirono che l’omicidio si sarebbe verificato nella caserma di Arce, tuttavia, l’anno successivo le indagini vennero ufficialmente chiuse. Nonostante le accuse, nel 2022 la Corte d’Assise di Cassino assolse i cinque indagati (di cui la famiglia Mottola e due carabinieri coinvolti nell’omicidio, Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano) a causa di mancanza di prove sufficienti.

Uno spiraglio di luce sul caso

Ora, dopo più di 20 anni dal questo brutale delitto, i giudici della Corte d’Assise di Roma hanno deciso di riaprire il processo, accogliendo la richiesta della Procura Generale che ha proposto di ascoltare le testimonianze di 44 persone, tra testimoni e consulenti, ritenute “indispensabili” per l’accertamento della verità. Le udienze sono previste il 7, il 14 e il 21 dicembre quando, presumibilmente, potrebbe arrivare la sentenza finale

Nonostante la scomparsa di Guglielmo Mollicone, colpito da un infarto, la famiglia di Serena continua a lottare per la verità e spera di trovare finalmente delle risposte definitive.

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