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La messa alla prova: come funziona la probation italiana

La messa alla prova è una forma di probation giudiziale innovativa nel settore degli adulti che consiste, su richiesta dell’imputato e dell’indagato, nella sospensione del procedimento penale per reati di minore allarme sociale.

Una novità nel panorama legislativo per i reati di minore allarme sociale

L’istituto della messa alla prova è stato introdotto con L. 67/2014 che ha modificato sia il Codice penale, con l’introduzione degli artt. 168bis, 168ter e 168quater, sia il Codice di procedura penale, con l’introduzione degli 464bis e seguenti che regolano le attività di istruzione del procedimento e del processo, nonché l’art. 657bis che indica le modalità di valutazione del periodo di prova.

Oltre ai codici sono state modificate anche le norme di attuazione, coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, il Testo unico in materia delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale.

Il successivo Dlgs. n. 150/2022, è intervenuto sull’ambito operativo della sospensione del procedimento con messa alla prova consentendo l’accesso all’istituto anche quando sono stati commessi reati, diversi da quelli contemplati all’art. 550, comma II, c.p.p.. In altri termini, attualmente, è possibile accedere alla messa alla prova anche per delitti puniti con pena edittale detentiva non superiore nel massimo a sei anni, a condizione che i richiedenti si prestino a percorsi risocializzanti o riparatori, compatibili con l’istituto.

Un’altra importante novità del Dlgs 150/2022 è costituita dalla possibilità che la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova possa essere proposta anche dal Pubblico ministero.

Quando può essere richiesta la messa alla prova?

La messa alla prova può essere richiesta in due casi:

  1. mediante istanza formulata in udienza (art. 464bis c.p.p.): nelle ipotesi previste dall’articolo 168bis c.p.p., “l’imputato può formulare richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova”. Qualora la proposta venga formulata dal PM, l’imputato può chiedere un termine non superiore a venti giorni per presentare la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova;
  2. mediante istanza formulata nel corso delle indagini preliminari (art. 464ter c.p.p.). Tale articolo dispone, infatti, che “il pubblico ministero, con l’avviso previsto dall’articolo 415 bis, può proporre alla persona sottoposta ad indagini la sospensione del procedimento con messa alla prova, indicando la durata e i contenuti essenziali del programma trattamentale. Ove lo ritenga necessario per formulare la proposta, il pubblico ministero può avvalersi dell’ufficio di esecuzione penale esterna”.

Quando può essere concessa la messa alla prova?

La misura può essere concessa dal giudice per reati puniti con la reclusione fino a sei anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria e per non più di una sola volta, o per una seconda, in relazione a illeciti commessi anteriormente al primo provvedimento di sospensione. È esclusa l’applicazione ai contravventori e delinquenti abituali, professionali e per tendenza.

Il procedimento non può essere sospeso per un periodo superiore a due anni, quando si procede per reati per i quali è prevista una pena detentiva superiore ad un anno, e per reati per i quali è prevista la sola pena pecuniaria.

Le conseguenze della messa alla prova: i lavori di pubblica utilità

Quando sia formulata istanza di messa alla prova, il processo penale si sospende e l’imputato viene affidato all’ufficio di esecuzione penale esterna per lo svolgimento di un programma di trattamento che prevede l’esecuzione di attività obbligatoria e gratuita, che si esplica con l’esecuzione di un lavoro di pubblica utilità in favore della collettività.

Questo lavoro di pubblica utilità può essere svolto presso istituzioni pubbliche, enti e organizzazioni di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato. La durata parte da un minimo di dieci giorni, anche non continuativi, e non può superare le otto ore giornaliere.

Le mansioni alle quali gli imputati che prestano lavoro di pubblica utilità possono essere adibiti, a titolo esemplificativo, sono le seguenti:

–          sociali e sociosanitarie: prestazioni in favore di coloro che sono alcool e tossicodipendenti, anziani, diversamente abili, stranieri, malati, minori;

–          protezione civile: soccorso alla popolazione anche in caso di calamità;

–          patrimonio ambientale: mansioni indirizzate alla prevenzione di incendi, salvaguardia del patrimonio boschivo e forestale, demanio marittimo, protezione della flora e della fauna con riguardo alle aree protette, attività connesse al randagismo animale;

–          patrimonio culturale e archivistico: con lo scopo di mantenerne la fruibilità e garantirne la tutale inclusa la custodia di biblioteche, musei, gallerie, pinacoteche;

–          immobili e servizi pubblici: (manutenzione e fruizione) ospedali, case di cura, beni demaniali e patrimonio pubblico, giardini, ville e parchi, ad esclusione di quelli delle forze armate e di polizia;

–          specifiche competenze e professionalità dell’imputato

L’attività riparativa

L’istituto giuridico della “messa alla prova per adulti”, diverso da quello previsto per i minori, prevede anche che l’imputato svolga attività riparative, volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, attività di risarcimento del danno dallo stesso cagionato e, ove possibile, attività di mediazione con la vittima del reato.

Come evitare la recidiva: gli obblighi

Al fine di ridurre il rischio di reiterazione del reato, il programma può prevedere l’osservanza di una serie di obblighi relativi alla dimora, alla libertà di movimento e al divieto di frequentare determinati locali, oltre a quelli essenziali al reinserimento dell’imputato e relativi ai rapporti con l’ufficio di esecuzione penale esterna e con eventuali strutture sanitarie specialistiche.

Il programma di trattamento: cos’è?

Si tratta dell’elemento indispensabile per accedere alla messa alla prova per adulti, del quale il giudice terrà conto nella decisione, congiuntamente ad eventuali altre informazioni che potrà acquisire tramite la polizia giudiziaria.

Esso viene elaborato dall’ufficio di esecuzione penale esterna competente per territorio, su formale richiesta dell’interessato o del suo procuratore speciale e predisposto in base alle specifiche caratteristiche della persona imputata.

L’esito della messa alla prova

Quando la messa alla prova da esito positivo?

Quando l’imputato adempie compiutamente alle prescrizioni impostegli dall’ordinanza del Giudice che ammette la MAP. In altri termini: sottoscritto il programma con l’ente che “ospiterà” il soggetto richiedente, lo stesso dovrà eseguire i lavori di pubblica utilità per tutto il tempo stabilito dal Tribunale.

La sua attività verrà monitorata mediante un “foglio firme” che verrà compilato a cura del richiedente sotto la supervisione dell’ente ospitante.

È possibile che lo stesso venga sottoposto a controlli a sorpresa da parte delle forze dell’ordine, le quali sono incaricate di vigilare sul corretto adempimento dei lavori.

Al termine del periodo di messa alla prova, l’ufficio esecuzione penale esterno redigerà una relazione finale che sarà depositata nella Cancelleria del Tribunale e che varrà come prova della corretta (o non corretta) esecuzione dei lavori.

Qualora l’esito della prova sia positivo, avrà come effetto l’estinzione del reato.

Se, invece, l’esito è negativo per grave e reiterata trasgressione del programma di trattamento o delle prescrizioni, per il rifiuto opposto alla prestazione del lavoro di pubblica utilità, per la commissione durante il periodo di prova di un nuovo delitto non colposo o di un reato della stessa indole di quello per cui si procede, il giudice con ordinanza disporrà la revoca e la ripresa del procedimento.

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