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donna che urla

La donna abusante, l’ultimo tabu: quando l’orco è una lei

Donna abusante: alla base di comportamenti abusanti messi in atto da donne c’è sempre un incontro traumatico con il mondo dell’adulto.

Quando la luce diventa così flebile da sembrare impercettibile e il buio regna indisturbato: una zona di confine, dove l’incubo diventa realtà e cambia per sempre la struttura della felicità. Qui la vittima dell’abuso resta intrappolata e muore lentamente, diventando a sua volta un fiore appassito o un demone pronto a ripetere lo stesso schema.

Chi è l’orco femmina?

Donna abusante: perché è così difficile parlarne?

Si pensa che la donna abusante sia un soggetto affetto da disturbi mentali, non si vuole e non si può credere che dietro l’immagine della donna che istintivamente si occupa e protegge il “cucciolo” della sua specie possa nascondersi una madre o una nonna incestuosa, una zia, una suora, una maestra o una baby-sitter con morbose attenzioni verso i bambini.

Il mito (o stereotipo?) della donna accudente

Gli uomini primitivi erano invasi da un profondo sentimento di venerazione e timore al cospetto della Terra-Natura la quale era identificata con il sesso femminile: come la Grande Madre anche le donne generano la vita e la allevano al seno.

Questo mito della donna, però, l’ha retrocessa e limitata a essere stimolo biologico dell’uomo (sesso) e madre ovvero donatrice e protettrice della vita.

La sessualità femminile veniva così negata, non era considerata necessaria perchè utile solo ai fini riproduttivi; essa apparteneva solo all’uomo anche perché si riteneva che fossero la potenza e l’orgasmo virile ad assicurare la procreazione.

Dunque, è facile spiegare, a questo punto, l’associazione che si è creata fra pedofilia e genere maschile: se la donna è incapace di provare piacere sessuale non può certo essere essa stessa a provocare ed infliggere un qualcosa che non conosce. La pedofilia è un’azione maschile; la donna, vista come passiva con connotati di purezza, dolcezza e debolezza non è riconosciuta nell’immaginario collettivo come abusante.

Donna abusante: le caratteristiche dell’abuso sessuale femminile

I bambini sono riluttanti ad accusare la persona da cui dipendono, perché più propensi a credere che l’abuso sia colpa loro piuttosto che ammettere che chi deve amarli e proteggerli possa, invece, danneggiarli; negano a se stessi l’esperienza sessuale vissuta e molto spesso le piccole vittime non decodificano ciò che sta loro accadendo, ne diventano consapevoli solo in età adulta perché il comportamento sessuale è solitamente mascherato sotto forma di “prendersi cura” o come atteggiamento consolatorio.

Non solo, molto spesso il racconto di un abuso subito da una donna viene considerato una fantasia perché si ha difficoltà a comprendere come le donne possano abusare sessualmente.

L’abuso femminile è ancora più sommerso rispetto a quello maschile e tende a richiamare attenzione solo quando assume un livello di gravità tale da diventare un caso mediatico. Esso è contornato da segreto, angoscia, rabbia, controversie e paura. La segretezza si spiega con la considerazione che non è accettata culturalmente l’idea che una donna possa essere un abusante sessuale. Secondo le parole di M. Elliott, nel suo articolo “Female sexual abuse of children: the ultimate taboo”: “l’abuso sessuale praticato dalle donne risveglia reazioni di negazione molto forti (…). Tant’è che le vittime molto spesso temono di non essere credute e se necessitano di aiuto dicono che il loro abusante è un uomo”.

Ciò che lo rende ancor più grave è che si tratta di un fenomeno connesso ad un alto indice di occultamento sociale: la società minimizza la portata e l’impatto degli abusi sessuali commessi da donne.

La maggior parte delle donne vittimizzano i bambini insieme ad un partner maschile, meno frequentemente agiscono o cominciano l’azione abusante da sole.

Gli autori attivi partecipano direttamente all’abuso aggredendo o violentando i minori, le donne autrici passive possono procurare invece le vittime ai loro partner maschili, assistere all’abuso e non intervenire per interromperlo.

La molestia sessuale posta in essere dalle donne include una varietà di comportamenti diversi: voyeurismo, esibizionismo, attività genitali, mutua masturbazione, penetrazione digitale o con oggetti e pornografia.

Dati recenti suggeriscono che le bambine sono le vittime preferite. La maggior parte dei bambini ha una relazione di tipo materno con l’aggressore e le aggressioni nei confronti di sconosciuti sono rare. Le relazioni incestuose costituiscono le più comuni situazioni di abuso, e la maggior parte dei bambini abusati sono in età pre-scolare e scolare benchè ci siano stati casi di donne che hanno aggredito anche adolescenti.

È stato riportato che le donne tendono ad abusare dei bambini per un lungo periodo, specialmente se le vittime hanno un grado di parentela con loro: questo potrebbe essere dovuto alla dipendenza che questi bambini hanno nei loro confronti o perché essi non credono che la denuncia dell’abuso sarà presa sul serio dai servizi sociali.

L’identikit della donna abusante

La media dell’età delle donne abusanti è tra i 20 e i 30 anni. La maggior parte delle donne hanno un basso tasso di scolarizzazione, appartengono ad un ceto socio-economico basso. Molte di loro sono disoccupate o casalinghe. Molte che hanno trovato un impiego in contesti di cura dei minori possono sviluppare schemi predatori, oppure si sono sposate in età precoce o si contraddistinguono per la promiscuità.

Saradijan nel 1996 nel suo articolo “Women who sexually abuse their children: from research to practice” ha affermato che può perpetrare l’abuso sessuale su minori qualsiasi donna di ogni età, classe sociale, occupazione e stato civile.

Si può trattare di donne assolutamente comuni, intelligenti, educate, dai modi gentili, stimate, insospettabili e straordinariamente femminili o l’esatto contrario, donne che manifestano problemi psichiatrici, storie di vittimizzazione sia fisica che sessuale e di abuso di sostanze, spesso sono coinvolte in atti sessuali con minori. Altre volte, invece, non sono né psicotiche, né alcoliste, né tantomeno fanno uso di droghe.

Cosa spinge una donna ad abusare di un bambino?

Alla base di comportamenti abusanti messi in atto da donne c’è sempre un incontro traumatico con il mondo dell’adulto. Cause scatenanti possono essere la separazione, l’abbandono, la perdita, un trauma subito ma non riconosciuto e sofferto che può bloccare in tutto o in parte lo sviluppo di una personalità, costringendo il comportamento sessuale fin dall’inizio all’interno di schemi infantili oppure può fare incursione nella vita adulta all’improvviso, deragliandone il corso.

La donna abusante, quindi, è una donna che durante la sua infanzia non ha ricevuto le adeguate protezioni e, attraverso un meccanismo di coazione a ripetere, infligge ad altri le stesse ferite a cui è stata sottoposta. In conseguenza di ciò, il meccanismo psicodinamico dell’identificazione con l’aggressore la porterà a ripetere sui propri figli o su altri bambini gli stessi agiti di cui è stata vittima: è meno angoscioso pensare di aggredire che essere aggrediti.

È stato evidenziato come fra gli abusanti vi sia un numero elevato di vittime di abuso sessuale infantile, portando così alla nascita della cosiddetta teoria dell’”abusatore abusato”, per la quale il soggetto adulto replica la vittimizzazione subita da bambino secondo le medesime modalità patite in allora.

Tuttavia, tale teoria è incompleta: le esperienze sessuali per quanto precoci e di matrice abusante non sono da sole sufficienti ad indurre un disadattamento, ma occorre considerare altri fattori ad esse associati, come la violenza, il sesso dell’abusante e il rapporto di questo con la vittima e prendere in considerazione anche una molteplicità di fattori eziologici.

Donne che abusano di uomini

La molestia sessuale in danno degli uomini è un fenomeno comportamentale in relazione al quale vi sono pochi casi nella letteratura medica e psicologica.

L’uomo abusato sessualmente non viene apertamente minacciato fisicamente, ma piuttosto viene sopraffatto dalla dominanza psicosociale di una donna o dalla sua seduzione sessuale.

La maggior parte di questi abusi è stata commessa da donne più anziane nei confronti di giovani uomini.

Le caratteristiche salienti dei casi di aggressione forzata di uomini o ragazzi ad opera di una donna sono le seguenti:

1.         gli uomini aggrediti sono fisicamente costretti in qualche modo e, in talune circostanze, indotti a temere anche per le loro vite;

2.         a dispetto del loro imbarazzo, ansia o anche terrore occasionato dalla costrizione o dalla prigionia, gli uomini reagiscono sessualmente, anche se ovviamente le loro capacità sessuali non incontrano le complete richieste della carceriera.

Quando l’abusante è adolescente

Le ragazze adolescenti che pongono in essere un comportamento abusante hanno difficoltà con le relazioni fra pari e mancano di contatti sessuali alternativi. Esse hanno contatti con i bambini, per esempio, la scelta di ragazzi più giovani come amanti o perchè a loro affidati come baby-sitter.

Una classificazione per capire e (forse) prevenire

Abusante sessuale latente

È colei che nutre una morbosa attenzione nei confronti dei bambini, ha fantasie erotiche ma non arriva all’agito. Si rende conto che le sue pulsioni non sono socialmente accettabili e per questo motivo non riesce ad agirle. È possibile che sia stata abusata emotivamente e fisicamente in passato.

Abusante sessuale occasionale

È soprattutto colei che nei viaggi nei paesi esotici con forte tasso di turismo sessuale, si lascia andare ad esperienze sessuali trasgressive, dimenticando le norme morali e giuridiche della comunità cui appartiene. Non sono presenti storie di abuso.

Abusante sessuale dalla personalità immatura

È colei che non è mai riuscita a sviluppare normali capacità di rapporto interpersonale fra coetanei e manca di una sufficiente maturità nella sfera affettiva ed emotiva. Pertanto, rivolge le sue attenzioni ai più giovani dai quali non si sente minacciata. Solitamente non ha comportamenti aggressivi e i propri atteggiamenti sono di tipo seduttivo.

Sono presenti storie di abuso emotivo, fisico e sessuale nel proprio vissuto esperienziale, durante il periodo infantile, agite da caregivers.

Abusante regressiva

È colei che, anche se è riuscita ad instaurare legami affettivi con i propri coetanei, ad un certo punto un evento precipitante la porta a regredire, iniziando così a rivolgere il proprio interesse sessuale verso i più giovani delle cui energie si nutre.

È sempre presente una storia di abuso sessuale che riemerge a causa dell’evento stressogeno e la violazione dei minori sembra essere una strategia per allontanare da sé l’ansia e l’angoscia.

Abusante sadico-aggressiva

È colei che manifesta spesso un comportamento schivo ed antisociale, trae piacere ne provocare dolore fino ad arrivare, in casi estremi, a provocare la morte della piccola vittima. Violando un bambino, l’abusante non fa altro che aggredire la parte fragile e vulnerabile di sé stessa, sperando di esorcizzare in tal modo il fantasma delle proprie debolezze, soggezioni e frantumazioni interiori: la bambina abusata carnefice-vincitrice.

Abusante omosessuale

È colei che trasferisce le sue attenzioni sessuali su una bambina, perché così realizza l’amore che non ha ricevuto dalla mamma. Identificandosi con la vittima delle sue attenzioni, rivede ciò che essa stessa era, quando aveva la stessa età e la ama così come avrebbe voluto essere amata. In questa categoria rientrano soprattutto le donne abusate sessualmente, fisicamente ed emozionalmente dalle proprie madri, ma nulla a che fare con l’omosessualità.

Le tipologie di abuso sessuale

Le tipologie di abuso che le donne attuano sono le più disparate, ma tutte hanno come base comune il grooming, tecnica manipolatoria che induce il minore a superare eventuali resistente fisiche e psicologiche, a favorire il coinvolgimento nella relazione e a mantenere il silenzio dopo l’abuso. L’attività può variare nella durata, ed in questo lasso di tempo il minore viene lentamente e gradualmente preparato da parte dell’abusante a vivere l’intimità sessuale.

Tale tecnica di adescamento viene utilizzata anche nel cyberspazio, ma la Rete non viene utilizzata dalle donne abusanti perché non ne hanno bisogno in quanto “geneticamente” favorite, come donne, a stabilire rapporti di fiducia ed intimità con i bambini.

L’abuso femminile che si attua all’interno delle mura domestiche, più in particolare quello fra madre/figlio o figlia, non necessita della preventiva costruzione di un rapporto di fiducia, perché la donna autrice dell’abuso, sotto l’apparenza di un comportamento normale (ad esempio abituali gesti di cura e pulizia), trova sempre il modo di avere un contatto fisico con la propria vittima o di esporre ai suoi occhi il proprio corpo nudo.

Dunque, l’abuso viene camuffato, mascherato da qualcosa di diverso dal contatto sessuale.

L’incontro sessuale fra una madre e i propri figli non ha per entrambi lo stesso valore: i figli chiedono amore, calore, contatto e spesso non riescono a rendersi conto di stare ricevendo qualcosa di diverso da ciò che avevano invece richiesto.

In entrambi i casi, dunque sia per l’abuso consumato fra le mura domestiche sia per quello consumato al di fuori di esse, la donna sa benissimo che non deve per forza ricorrere alla violenza per coinvolgere il minore in atti sessuali e che il modo migliore per sedurre la piccola vittima non è quello di promettergli piacere fisico, cosa che la vittima nemmeno sa cosa sia, ma bensì affetto e protezione. Non solo, ma la donna abusante è perfettamente a conoscenza che i bambini sono sensibili alle lusinghe, ai regali, alle manifestazioni di affetto e considerazione.

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