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Il mostro di Merano: sei omicidi tra razzismo etnico e follia

Nel 1996 in Alto Adige vennero compiuti sei delitti a distanza di pochi giorni. A firmare gli omicidi fu Ferdinand Gamper, il mostro di Merano.

È stato una meteora improvvisa. Sei omicidi in appena tre settimane, in un gelido febbraio che ha terrorizzato e segnato la memoria dell’Alto Adige e dei suoi abitanti.

Nel febbraio del 1996 la città di Merano venne sconvolta da una serie di delitti ravvicinati firmati da un’unica mano assassina, quella di Ferdinand Gamper, per le cronache il Mostro di Merano.

Il pastore che odiava gli italiani

A 28 anni dai suoi delitti, compiuti nell’arco di tre sole settimane, la figura di Gamper è ancora avvolta da tanti misteri. A cominciare dal reale movente della sua assurda scia di sangue.

Trentotto anni vissuti male, tra problemi con la giustizia e la schizofrenia, Gamper era un uomo inquieto, nato a Merano ma emigrato  giovanissimo in Svizzera: aveva sempre lavorato sui monti, come contadino e come pastore.

Di umili origini, figlio di montanari, Gamper aveva subito abusi sessuali durante l’infanzia e sviluppato una personalità chiusa e scontrosa.

Negli anni elvetici aveva avuto problemi con la giustizia, con alcuni arresti per stato di ubriachezza, oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale.

Il suicidio del fratello Richard

L’episodio che forse avvia follia omicidiaria di Gamper potrebbe essere stato il suicidio nel 1989 del fratello minore Richard, che si era sparato alla testa proprio come farà poi Gamper con le vittime sette anni dopo.

Tornato a Merano dalla Svizzera il pastore sudtirolese aveva bazzicato il movimento secessionista altoatesino Ein Tirol, responsabile tra gli anni Ottanta e Novanta di attentati terroristici dimostrativi.

Una frequentazione politica che aveva esacerbato il suo odio per gli italiani, innescando forse una pericolosa reazione a catena.

I primi omicidi ravvicinati del mostro di Merano

Senza un vero motivo Gamper uccide per la prima volta l’8 febbraio del 1996, quando l’Italia è distratta dal festival di Sanremo e dalla campagna elettorale che contrappone il Polo di Berlusconi all’Ulivo di Prodi.

Le sue prime vittime sono il bancario 61enne Hans-Otto Detmering, 61 anni, funzionario della Deutsche Bundesbank e la sua compagna, la 50enne Clorinda Cecchetti, un’impiegata: vengono freddati con colpi di carabina calibro 22 alla nuca mentre stanno passeggiando sugli argini del torrente Passirio.

Il delitto si presenta come una vera e propria esecuzione mirata e gli inquirenti per una settimana battono la duplice pista del movente passionale e di quello patrimoniale legato all’attività del bancario Detmering.

Otto giorni più tardi, nella frazione meranese di Sinigo, viene ammazzato un contadino 58enne, Umberto Marchioro, con la stessa modalità e con la stessa arma: un colpo di calibro 22 alla testa.

La vittima non ha collegamenti con la coppia trucidata la settimana precedente, per cui gli investigatori puntano subito sulla pista dell’assassino seriale.

C’è un sospettato per i due delitti: si chiama Luca Nobile, è un imbianchino che si trovava sulla scena del primo duplice omicidio e ha fornito versioni contraddittorie di quello che avrebbe visto, insospettendo gli inquirenti.

Scattano le manette per Nobile, che si dichiara innocente, e Merano tira un sospiro di sollievo.

L’incubo sembra finito.

Gli altri delitti finali

Il 27 ottobre Gamper, dopo due settimane, torna a colpire sparando in una via centralissima di Merano ad un ragioniere 36enne, Paolo Vecchiolini, non riuscendo però a colpire la sua fidanzata che fornisce una dettagliata descrizione dell’aggressore: un giovane, barbuto, biondo, robusto.

Un montanaro.

Nobile di fatto è scagionato e verrà poi rilasciato qualche giorno dopo e qualcuno, per via dell’identikit, comincia a sospettare proprio di Gamper, taciturno e solitario, arrivando persino a domandargli direttamente se non sia proprio lui il mostro.

Il cerchio si stringe lentamente.

Intuendo forse di avere i giorni contati Gamper torna a colpire tre giorni dopo, il primo giorno di marzo, ammazzando questa volta il suo padrone di casa, il 58enne Tullio Melchiorri.

Vicino al suo cadavere lascia un biglietto con scritto ‘Sono un italiano emigrato e responsabile di infanticidio’.

L’epilogo si avvicina.

L’assedio e il suicidio del mostro di Merano

Gamper dopo aver ammazzato Melchiorri, consapevole ormai di essere braccato, si rifugia nel suo maso, in montagna, dove arrivano i Carabinieri locali: nel conflitto a fuoco tra il sospettato e i militari viene ferito a morte il maresciallo Guerrino Botte, la sua sesta vittima.

Assediato Gamper sceglie di non arrendersi: incendia il maso e rivolge la carabina verso la sua fronte, facendola finita con il solito colpo calibro 22.

Non potrà dare nessuna risposta alle domande degli inquirenti che trovano due biglietti con scritto «Viva la grande Germania. Non fermerete l’unione del Pantirol» e «Anche questa volta siete arrivati troppo tardi».

Il mistero del movente

Deliri politici e secessionisti sembrano aver armato la mano del mostro di Merano, affetto da una schizofrenia mai accertata dai medici altoatesini, ma anche una fobia misogina: Gamper ha ucciso solo italiani (il bancario Detmering potrebbe averlo confuso mentre parlava in italiano con la Cecchetti) e sembrava avere come bersagli soltanto uomini, pur avendo ucciso la Cecchetti e aver tentato di uccidere la compagna di Vecchiolini in quanto entrambe vicine ai loro fidanzati, ritenuti i veri bersagli della sua follia omicida.

Per gli inquirenti la fobia etnica avrebbe armato la mano dell’ex pastore meratese, che però non aveva mai superato la tragedia del suicidio del fratello Richard.

Domande rimaste senza risposte, perché la sua morte ha chiuso di fatto le indagini, non essendo stato celebrato alcun processo.

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