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Il mistero del Mostro di Modena, dieci delitti irrisolti tra gli anni ’80 e’90

Una serie di cold case nella stessa area geografica e nello stesso arco temporale, fanno pensare all’esistenza di un Mostro di Modena. Le vittime? Prostitute e tossicodipendenti.

Dieci donne uccise tra Modena e provincia in un arco di undici anni, quasi tutte in modo diverso tra di loro. Due soli collegamenti tra le vittime, salvo qualche eccezione: erano quasi tutte tossicodipendenti e prostitute. 

E molte di loro frequentavano militari e uomini in divisa.

È la storia di un possibile ‘mostro’ mai identificato, il Mostro di Modena, ignorato dall’opinione pubblica nazionale, e di una vicenda dai contorni oscuri, con elementi inquietanti che richiamano alla contemporanea vicenda della Uno bianca che si svolgeva in quegli anni tra la vicina Bologna e la Romagna.

Mostro di Modena: i delitti nel mondo delle droghe

In piena emergenza tossicodipendenza, con vittime di overdose quasi quotidiane in ogni ricca provincia della Pianura Padana, dove migliaia di ragazze finiscono per prostituirsi pur di racimolare i soldi per la maledetta dose quotidiana, la Modena dei primi anni Ottanta non perde il sonno e la serenità per alcune ragazze di strada finite male.

La squadra di calcio locale fa l’altalena tra la B e la C, quella di pallavolo targata Panini vince titoli e coppe, il motociclista locale, Luca Cadalora, si avvia a vincere il primo dei suoi tre titoli Mondiali.

L’economia va alla grande, la disoccupazione è minima e tra Modena e provincia si fa la bella vita.

Siamo nel 1985 quando nei dintorni della fornace abbandonata di Baggiovara viene ritrovato il corpo di una 19enne, Giovanna Marchetti, con il cranio fracassato da colpi di pietra.

È una ragazza che batte, è una tossica: la città non perde il sonno per la sua tragica fine, come non l’aveva perso due anni prima quando un’altra donna di strada, Filomena Gnasso, era stata trucidata a coltellate.

I due omicidi vengono archiviati come delitti legati al racket della prostituzione e agli ambienti malavitosi dello spaccio.

Gli omicidi ravvicinati di Donatella e Marina

Droga e sesso mercenario accumunano anche la terza vittima, due anni più tardi, siamo nel settembre 1987: la 22enne Donatella Guerra è stata freddata con due tagli alla gola e al cuore in località San Domaso.

L’assassino probabilmente è mancino, esattamente come chi ha ammazzato Filomena e Giovanna.

Gli inquirenti sul luogo del delitto repertano l’impronta di un pneumatico di una Fiat 131, berlina da borghesi, ma anche auto istituzionale utilizzata dalle forze dell’ordine e dall’esercito.

Appena due mesi dopo, il primo novembre 1987, un altro delitto in una frazione di Carpi: la 21enne Marina Balboni viene strangolata con il foulard che indossa. Anche lei è una tossicodipendente.

Prima di uscire di casa aveva detto ai genitori di dover incontrare una persona importante. E non mostrava di avere paura. Di chi si trattava?

Donatella e Marina, coetanee si conoscevano e si trovavano nella stessa località la notte in cui la prima era stata uccisa e la seconda aveva forse visto o sentito qualcosa che l’ha condannata a morte.

Domande che verranno poste con anni di ritardo, quando la pista ormai è fredda, risposte che non si potranno più trovare.

Ogni singolo delitto non viene collegato agli altri, ogni fascicolo viene assegnato ad un diverso pubblico ministero, senza un coordinamento, e le indagini vengono svolte in modo approssimativo, trascurando elementi preziosi e avvengono anche dei depistaggi, con il coinvolgimento di sospettati che verranno scagionati.

L’ipotesi del serial killer

Negli anni in cui ancora echeggiano l’orrore e la paura suscitati dall’altra parte dell’Appennino dal Mostro di Firenze si comincia a parlare anche di un Mostro di Modena. Lo fa per primo Pier Luigi Salinaro, coraggioso e ostinato cronista di nera della Gazzetta di Modena, il primo a collegare i punti di contatto tra le prime quattro vittime, cui nel 1989 si aggiunge anche la 24enne Claudia Santachiara, un’altra lucciola, strangolata con un l’avvio e ritrovata nuda in un vicolo a Panzano.

I suoi minuziosi articoli però non daranno una maggiore spinta alle indagini che andranno avanti a singhiozzo tra errori e depistaggi.

Una lunga scia di sangue fino a metà anni Novanta

L’8 marzo 1990 viene strangolata la 21enne Fabiana Zuccarini, anche lei tossicodipendente, ma non prostituta. Il 13 ottobre, sette mesi dopo, viene ritrovato presso il Windsor Park di Modena il cadavere di Antonietta Sottosanti, soffocata con una calza di nylon in gola. L’assassino si prende una pausa di altri due anni e torna a colpire il 4 febbraio 1992, strangolando la 32enne Anna Abbruzzese, ritrovata nelle campagne di San Prospero. È una prostituta ed è stata strangolata.

Altri due anni e il 26 gennaio 1994 il corpo della 21enne Annamaria Palermo viene trovato a Corlo, vicino a Formigine: è stata trucidata con 11 coltellate al petto. L’ultima vittima, il 3 gennaio 1995, è un’altra prostituta tossicodipendente, la 31enne Monica Abate: viene trovata nell’appartamento nel centro di Modena dove riceveva i clienti, con una siringa infilata in vena, ma l’autopsia rivelerà che è stata strangolata.

È l’ultimo dei delitti attribuiti al cosiddetto Mostro di Modena.

I collegamento con la Uno bianca

La scia di sangue a Modena si interrompe proprio nei mesi in cui a Bologna vengono arrestati i fratelli Savi e i loro complici e si chiude la lunga mattanza della Uno bianca.

Sono mesi in cui aumenta la pressione mediatica sulle forze dell’ordine, a Bologna, come nelle province limitrofe.

Le indagini sulla banda bolognese dei Savi aprono uno squarcio sulle facilitazioni nell’evitare controlli e perquisizioni da parte di uomini in difesa diventati rapinatori e assassini. Alcuni parenti delle vittime delle prostitute modenesi ipotizzano che dietro al ‘Mostro’ ci siano militari o poliziotti, coinvolti nel business della prostituzione e dello spaccio di stupefacenti, ma le indagini non decollano e finiscono in un vicolo cieco.

L’eco mediatica dei delitti si spegne rapidamente, Modena dimentica e volta pagina. L’inchiesta della Procura non porta a nessuna pista concreta. Nel 2019 è stato riaperto un nuovo fascicolo sui delitti insoluti del Mostro di Modena.

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