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Forse Luca Delfino esce tra poco. O forse no

L’hanno chiamato il “killer delle fidanzate” perchè prima di uccidere Antonella Multari ha probabilmente ucciso anche (e l’ha fatta franca) Luciana Biggi. Nei prossimi mesi potrebbe uscire e si teme che ricominci. Ma uscirà davvero? Forse no.

Luca Delfino e il delitto di Luciana Biggi

È il  10 agosto 2007, quando 44 coltellate tirate per strada uccidono Maria Antonietta (detta Antonella) Multari. L’assassino è un disoccupato, senza fissa dimora: Luca Delfino, 31 anni. Lo arrestano subito.

Delfino, però, è sospettato di aver commesso già un altro delitto. L’anno precedente, infatti, viveva con Luciana Biggi, una insegnante di fitness più grande di lui. È la notte del 28 aprile 2006. Sanremo, piazza Erbe. Le telecamere riprendono Luca e Luciana alle 00.56, con lei che si allontana dopo un litigio, poi torna, discutono ancora davanti a testimoni e alle 01:53 c’è un’altra lite. Si allontanano insieme, entrano in un bar, la lite prosegue. Altre telecamere riprendono lei che imbocca un caruggio, da sola. È vico San Bernardo ed è lì che alle 2.38 un cameriere de “Gli alabardieri” trova Luciana in fin di vita, con una ferita al collo provocata da un coccio di bottiglia. Luciana muore poco dopo.

Luca Delfino viene sospettato, si è fatto lavare i vestiti e anche le scarpe dalla compagna del padre, la mattina dopo. Macchie di vino, dice. Si è tagliato barba e capelli. Nega tutto, tranne che litigavano spesso. Dice che dopo averla salutata ha girovagato fino a piazza Caricamento, ma nessuna telecamera l’ha ripreso. Sempre il giorno dopo contatta Antonella Multari, che ha conosciuto un anno prima ma cui non ha mai mandato nemmeno un sms. E invece, proprio il giorno dopo…

L’omicidio Multari

Non le dice che è indagato per l’omicidio Biggi. È solo il 6 ottobre successivo, quando ruba un tergicristallo e viene fermato, che Antonella e la sua famiglia scoprono che è indagato: i genitori le dicono di lasciarlo, lei non vuole. C’è un tira e molla, si prendono e si lasciano, lui esce e rientra in casa di lei, alla fine si piazza e non se ne vuole andare. Alza le mani. La controlla in tutto, come faceva con Luciana. Telefonate ruggenti tra i due, agli atti. Come quella del 20 aprile 2007, lei lo aggredisce, minaccia di chiamare i carabinieri, lui ormai le fa uno stalking totale. Il 28 aprile Delfino le scrive un sms inquietante: “ricordati che giorno è oggi”, cioè l’anniversario dell’omicidio di Luciana. Lei si trasferisce a Ventimiglia, cambia lavoro, sta per fare 33 anni e per riprendere in mano la sua vita. È il 10 agosto 2007 quando Delfino l’attende fuori dal lavoro, la pedina su un motorino rubato, l’aggredisce a coltellate in mezzo alla strada.

È un bel pezzo che tutti si chiedono come abbia fatto Delfino a prendere solo 16 anni. Per due motivi. Uno è che all’epoca per i reati per cui è previsto l’ergastolo, si poteva ancora chiedere il rito abbreviato. Delfino è stato fortunato, se uccidesse oggi non lo sarebbe più. Il secondo è un dato di fatto: è seminfermo di mente. Ha un disturbo paranoide. Fanno 16 anni e 8 mesi. In realtà Delfino è molto più che fortunato: per il delitto Biggi è stato assolto. Il sopralluogo non fu fatto come si deve (il Pm all’epoca criticò la polizia su questo) e onestamente, sui suoi vestiti, sangue non ce n’era, disse il Ris di Parma. Le telecamere non riprendevano Delfino nel vicolo. Testimoni, zero. Arma del delitto non trovata. Prove insufficienti per condannarlo.

Esce davvero tra qualche mese?

Delfino in tutti questi anni non ha mai chiesto sconti di pena o permessi. Potrebbe uscire a giugno o a settembre e questo va imbestialire, perché due omicidi e solo 16 anni non esiste proprio. Ma non è detto che esca. Perché la sua seminfermità è abbinata a un criterio importante, quello della pericolosità sociale. E prima di uscire quella pericolosità – cioè la possibilità che reiteri il reato –  va rivalutata. Il fatto che non lui non abbia accettato le cure psichiatriche in carcere vuol dire che non ha consapevolezza del disturbo e che potrebbe anche essere peggiorato. In definitiva, la parola passa agli psichiatri. Potrebbe restare in carcere o andare in una Rems (l’evoluzione dell’ospedale psichiatrico criminale) per un tempo indefinito, cioè fin quando non cessa la pericolosità.

Foto di Hamed Mohtashami pouya su Unsplash

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