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Stanno riesumando Saman

Ora che tutti pensano che probabilmente il corpo ritrovato a Novellara, in Strada Reatino,  sia quello di Saman Abbas, la domanda è: perché non è stato trovato prima?

Cosa sta succedendo

Strada Reatino inizia con belle e ordinate villette. Poi superi il cartello con la fine di Novellara e la Bassa si fa sporadica, più rada, con grandi spazi intorno la strada, ville, edifici industriali. La Procura di Reggio Emilia ha iniziato ieri, tramite il Ris di Parma, l’esecuzione di un incidente probatorio per riesumare un corpo, che è stato trovato in un casolare abbandonato e pericolante. Il cadavere verrà portato a MIlano: se ne occuperanno l’anatomopatologa Cristina Cattaneo e l’archeologo forense Dominic Salsarola. Iniziate appunto ieri, le operazioni riprenderanno oggi alle 10. Poi toccherà a Cattaneo e Salsarola rispondere in due mesi a molti quesiti: identificazione del corpo, cause del decesso, epoca della morte.

Solo queste indagini potranno confermare che si tratti di Saman Abbas, la ragazza di origine pachistana scomparsa alla fine di aprile 2021. L’incidente probatorio servirà per fissare in forma di prova quanto verrà trovato e le risultanze del ritrovamento, e per fissarlo prima di andare a processo, cioè prima di andare a quel momento in cui, per la legge, quanto raccolto precedentemente diventa una prova.

Il processo è già fissato

Perché un processo ci sarà: ci sono cinque indagati e c’è una data, il 10 febbraio 2023. C’è una ipotesi di movente: Saman sarebbe stata uccisa dai familiari perché si opponeva alle nozze combinate in Pakistan. Questa costrizione familiare, che sa di medievale in Italia, unita al verdetto di una intera famiglia che l’avrebbe condannata a morte, rappresentano i due motivi che hanno reso noto questo caso. In un’epoca in cui si parla spesso dei diritti delle donne, il suo caso è diventato emblematico.

Intanto, il cadavere è ancora lì. Non era ancora stato esumato, perché questa delicata operazione doveva avvenire davanti ai periti della Procura, agli avvocati delle parti civili e degli indagati, cioè con tutte le cautele di legge. Domanda: ma se fu un giudizio di famiglia, chi sono le parti civili? Ce ne sono? Sì, ce ne sono. Le parti civili, cioè quelle che si qualificano come danneggiate dal reato, in questo caso sono l’associazione Penelope (che si occupa da molti anni di persone scomparse), il fratello minore di Saman, la sindaca di Novellara, Elena Carletti, e l’Unione delle Comunità Islamiche in Italia, che non si sente per nulla rappresentata dalla cultura retrograda di chi ha condannato a morte Saman.

Il ruolo dello zio di Saman

Le indagini hanno avuto una improvvisa svolta nei giorni scorsi, quando Shabbar Abbas, il padre di Saman, è stato arrestato in Pakistan su richiesta delle autorità italiane. Non è stato ancora estradato ed essendo lui all’estero è ovviamente più complicato notificargli, tramite le autorità pakistane, l’incidente probatorio, al quale dovrà farsi rappresentare dal suo legale. Tutto è partito, a quanto filtra, dallo zio di Saman, Danish Hasnain, già detenuto in Italia e sospettato di essere l’assassino, che avrebbe portato gli investigatori al casolare abbandonato. Avrebbe indicato insomma dove scavare.

Certo che fino ad ora Hasnain non aveva detto nulla, per cui questa sua improvvisa apertura potrebbe quindi essere motivata dalla possibilità di avere sconti di pena. Insieme al padre e allo zio, sono indagati la madre della ragazza, Nazia Shaheen, il fratello del padre, Danish Hasnain e due cugini, Ikram Ijaz e Nomanulhaq Nomanulhaq. Tutti dovranno rispondere di omicidio volontario e soppressione di cadavere. L’unica latitante è la madre.

Da intercettazioni svolte in carcere uno degli indagati avrebbe detto anche come fu uccisa la ragazza: alcuni la tenevano ferma e altri la soffocarono.

Perché non l’hanno trovata prima

Il cadavere è in un punto coperto da detriti e mattoni. Ora ci si chiede come mai i cani da cadavere non abbiano fiutato la presenza di un corpo. Qualcuno dice che sono stati ingannati dai detriti. Il punto è continuiamo a sopravvalutare i cani da ricerca, che certo tante volte funzionano, ma molte altre no. Non hanno trovato Elena Ceste, nè Roberta Ragusa, nè Yara Gambirasio, nè Saman. A parte le sbornie tecnologiche, dovremmo tornare alla logica investigativa, senza delegare tutto all’olfatto dei nostri amici, che possono farcela e possono fallire. L’attività dei cani dipende da troppe variabili: addestramento, capacità del conduttore, epoca della ricerca, certificazioni. E non tutto va sempre come deve.

Foto di Florian Olivo su Unsplash

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