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Riaperto il caso Unabomber in Italia grazie all’uso del DNA

Unabomber ha messo in atto in Italia oltre 30 attentati senza essere mai stato scoperto. Ora però, grazie all’uso di nuove tecniche, è stato identificato il suo DNA.

Grazie alle nuove tecnologie è stato possibile isolare il DNA dell’Unabomber italiano. Sono stati nuovamente analizzati dei reperti archiviati che hanno rivelato la presenza di nuove tracce.

Chi è Unabomber

Unabomber è un bombarolo seriale di cui non è stata ancora scoperta l’identità. Ha messo in atto più di 30 attentati nel periodo compreso tra il 1994 e il 1996 e dal 2000 al 2006 nelle province di Pordenone, Udine, Treviso e Venezia, senza mai rivendicarli. La sua strategia operativa consisteva nel lasciare degli ordigni esplosivi in luoghi aperti al pubblico. Il movente non è mai stato chiarito, ma ha scatenato il panico in tutto il nord Italia. La stampa italiana ha deciso di chiamarlo Unabomber assimilando i suoi atti a quelli di Theodore Kaczynski, l’Unabomber americano.

Cos’è stato scoperto su Unabomber

Su alcuni oggetti che erano stati archiviati come prove degli attentati sono stati rilevati dei frammenti genetici che si presume possano appartenere a Unabomber. Si tratta di una bomboletta di stelle filanti inesplosa, di un uovo bomba inesploso e su dei frammenti di nastro isolante utilizzato nella costruzione di ordigni esplosivi.

Perché è stato riaperto il caso

A chiedere la riapertura del caso è stato il giornalista Marco Maisano con il supporto di due vittime delle bombe, Francesca Girardi e Greta Momesso. Il DNA estratto dalle prove è stato confrontato con quello degli undici soggetti indagati, alla ricerca di corrispondenze. Inoltre, altre venti persone si sono dette disponibili a collaborare alle indagini, pur non essendo iscritte nel registro degli indagati.
La notizia del ritrovamento di alcune tracce di DNA è stata diffusa dai giornali; questo avvenimento è stato duramente criticato dagli avvocati delle persone indagate. Gli avvocati hanno anche sollevato dei dubbi riguardo al processo di conservazione dei reperti. Sostengono che nel corso degli anni ci potrebbero essere state significative manipolazioni che potrebbero non aver garantito la corretta conservazione dei resti.

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