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La vittimizzazione secondaria, il processo Grillo jr e il clamore mediatico

Il processo per stupro di gruppo e violenza sessuale che vede coinvolto anche Ciro Grillo è l’occasione per riflettere sul concetto di vittimizzazione secondaria.

In questi giorni in Sardegna, si sta svolgendo il processo per stupro di gruppo e violenza sessuale ai danni di due ragazze, che vede coinvolti Ciro Grillo, Francesco Consiglia, Edoardo Capitta ,Vittorio Lauria. 

Un processo a porte chiuse, come giusto che sia quando si tratta di casi delicati come questo, ma che sta facendo molto discutere a causa di domande che sono state poste alla vittima nonché teste chiave del processo, definite “da medioevo” oppure non adatte.

La vicenda, i risvolti e le accuse

Gli eventi inerenti la violenza sessuale risalgono al 16 luglio 2019. In una villetta di Porto Cervo in Costa Smeralda i quattro amici e le due ragazze di Milano, dopo essersi conosciuti la sera prima in discoteca, hanno deciso di passare la serata insieme. Il 26 luglio ritornata a Milano, una delle ragazze racconta ai carabinieri che in quella villetta ha subito violenza sessuale in maniera ripetuta da tutti e quattro, mentre la sua amica dormiva. La denuncia è poi passata alla procura di Tempio Pausania, facendo partire un iter ben preciso.

Tanto è stato detto e altrettanto sta uscendo dalle aule di tribunale che ricordiamolo, dovrebbero tutelare le vittime e non solo, ma come si può ben capire la vicenda sta tenendo banco anche sui social e in televisione.   

La vittimizzazione secondaria: quando la donna è vittima due volte

La cosa che sicuramente ha fatto più discutere, riguarda proprio l’interrogatorio, le domande e quella che possiamo definire vittimizzazione secondaria.

Secondo la Raccomandazione n.8 del 2006 del Consiglio d’Europa, “la vittimizzazione secondaria significa vittimizzazione che non si verifica come diretta conseguenza dell’atto criminale, ma attraverso la risposta di istituzioni e individui alla vittima”. Questa tipologia di violenza, si realizza in modo particolare nelle aule dei tribunali che a volte diventano delle vere e proprie gabbie dalle quali scappare, specie quando la donna viene interrogata.

Quando una donna non viene creduta, quando la colpa ricade su un vestito scollato piuttosto che su un cocktail di troppo, quando si scrutano e osservano con meticolosità i profili social della donna al solo scopo di imbarazzarla o denigrarla, non si dimostra assolutamente la disponibilità della stessa o il volere consenziente all’atto fisico.

La donna che deve affrontare un’aula di tribunale, un processo e occhi che la osservano con titubanza e timore, sarà emotivamente scossa, debole e anche impaurita. Sensazione che potrebbe aumentare durante la testimonianza e nel corso del processo. Ed è in questo delicato momento che bisogna fare attenzione al rischio di una seconda vittimizzazione, in particolare durante l’ascolto della donna da parte degli avvocati della difesa, che vorrà indubbiamente cercare di farla vacillare.

Dalla difficoltà a denunciare una violenza alla testimonianza in tribunale

La ragazza sarà risentita nelle prossime udienze e sicuramente questa situazione non è piacevole per lei: dalla difficoltà alla paura di non essere creduta, cercando di rispondere con più lucidità possibile ad ogni domanda. Quanto può essere difficile ed emotivamente coinvolgente?

La donna, è assistita dall’avvocata Giulia Bongiorno e dall’avvocato Dario Romanò per la parte civile, difatti quest’ultimo è intervenuto proprio a proposito delle domande che sono state poste alla donna dall’avvocata della controparte. 

I traumi che si riportano dopo una qualsiasi violenza possono durare anche anni e se non realizzati e affrontati, possono riproporsi, come anche spiegato dalla psicologa della clinica Mangiagalli, che ha seguito la ragazza.

Anche volere un approccio fisico e determinare fino all’ultimo di non concedersi è consenso. Può una donna decidere di non andare più avanti o tirarsi indietro di fronte un rapporto sessuale che non vuole più? Quando poi si arriva in tribunale cosa succede?

Ci siamo chiesti perché una donna ha difficoltà nel denunciare abusi o violenze? Perché preferisce non farlo e tenere tutto per sé, magari soffrendo?

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