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La nascita della tricologia forense: il caso Bichon

Una calda domenica di luglio del 1909 è quella in cui, in qualche modo, ebbe origine la tricologia forense. Per la precisione, quella del 18 luglio. È quello il giorno in cui i clienti del Cafè Bardin di boulevard Voltaire 1, a Parigi, vicino la centralissima Place de la Republique, si videro cadere sul tavolo delle gocce di sangue che non potevano che venire dal soffitto di legno.

La polizia, entrata nell’appartamento del primo piano, trovò, manco a dirlo, un cadavere. Quello di una ragazza, di schiena, col volto colpito così tante volte da una mannaia che riconoscerla fu un problema. Alla fine si scoprì che era la sedicenne Germaine Bichon, immersa in un appartamento che sembrava essere stato passato al frullatore. I segni di una grande lotta, ma anche quelli di qualcuno che aveva messo le mani dappertutto. L’accanimento sul volto e le gambe spalancate della vittima erano già due elementi importanti: l’accanimento era stato su di lei e proprio su di lei, violento, preciso, finalizzato a distruggere l’identità della vittima e ad offenderla con quello che oggi chiameremmo posing.

Ed è qui che entra in scena il medico legale e docente di Medicina Forense alla Sorbona di Parigi, il dottor Victor Balthazard. Che scoprì due cose importanti. Una era che Germaine era incinta, la seconda che tra le sue dita erano rimasti dei capelli. Colorati, quindi probabilmente di una donna. Cherchez la femme! Allora la polizia, saputo che il proprietario dell’appartamento, Albert Oursel, aveva per l’appunto una relazione extraconiugale con la vittima pensò che l’uomo, che non aveva gradito la notizia della gravidanza, avesse ucciso l’amante. Ma Oursel aveva un alibi di ferro, con decine di testimoni. Le indagini tornarono al punto di partenza.

Fu allora che la polizia ricevette alcune lettere anonime che puntavano una persona precisa. Una donna aveva chiesto a tre ragazze di farle da testimone nella discussione che avrebbe avuto con un uomo che le doveva molti soldi: Oursel. Le tre rifiutarono, nonostante la donna avesse offerto loro soldi, proprietà, oggetti d’oro. No, erano offerte inverosimili! La donna, Louise-Rosella Rousseau, ex domestica di Oursel, andò da sola. E tornò evidentemente con molta grana, se fu capace di saldare tutti i suoi debiti. Vendendo una serie di oggetti che risultavano, giusto giusto, mancanti da casa di Oursel. Fu prelevato in commissariato un capello della Rousseau. Il microscopio di Balthazard lo trovò dello stesso colore e spessore di quello rimasto impigliato tra le dita della vittima: 0,07 mm. Di più, trovò sulla testa dell’indagata il punto in cui alcuni capelli le erano stati strappati con forza. La donna confessò. Era lei che era entrata nel pomeriggio di sabato in casa per rubare, solo che sul più bello si era ritrovata la Bichon che rientrava. L’imprevisto l’aveva costretta a nascondersi in un armadio, per tutta la notte: per poi uscire quando aveva sentito un silenzio assoluto, la domenica mattina. Errore: la Bichon era lì che faceva colazione. La lite, l’omicidio. La Rousseau finì sulla ghigliottina, ma la tricologia forense era nata.

Balthazard ne aveva scritto già nel 1900. Nel 1910 avrebbe pubblicato “Le poil de l’homme e des animaux” insieme a Marcelle Lambert.  Un testo che per la prima volta puntava l’attenzione scientifica su peli e capelli nell’uomo e negli animali, un trattato che sarà alla base dell’esame e della comparazione di questi elementi. Parliamo di un pioniere: di un medico legale che all’epoca studiava anche le impronte digitali. Aveva capito dove andava la scienza forense. Era l’epoca in cui ogni anno la criminalistica andava avanti.

Certo, oggi sappiamo che, se non c’è la radice di un capello si può solo compararne due e ricavare un profilo di compatibilità, non di uguaglianza. Ad esempio, nel caso Tirtscke, del 1921, un caso americano, successe che fu giustiziato Campbell Ross. Ma quegli stessi capelli che furono le prove contro di lui, riesaminati nel 1998, portarono a un giudizio di esclusione: non erano di Ross. L’uomo era morto innocente. Spesso la struttura di un capello viene paragonata a quella di una matita. Midollo, corteccia, cuticola. Fusto, bulbo, radice. Nel 1909 Balthazard faceva quello che altri non facevano: confrontava spessore, colore e colorazione eventuale, dimensione, lunghezza, diametro delle componenti e assoluto. Pura osservazione. Nel 1909 una prova del genere era rivoluzionaria e decisiva. Ed è rimasta tale ancora nel 1980, quando ad Ada, in Oklahoma, fu arrestato Ron Williamson e fu accusato di omicidio, sulla base di un pelo publico trovato sulla scena del crimine. Salvo essere scagionato 12 anni dopo, quando quel pelo fu riesaminato col dna: non era il suo. Oggi anche il capello studiato da Balthazard sarebbe stato messo a dura prova dal controesame della difesa, che avrebbe battuto sull’assenza dell’analisi del dna. Ma in quella calda estate parigina fu la chiave di volta per risolvere il caso Bichon.

Foto di National Cancer Institute su Unsplash

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