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La dattiloscopia e le tecniche di rilevazione delle impronte digitali

Dal greco “daktylos” = dito e “skopein” =osservazione, la dattiloscopia identifica la disciplina che studia il disegno papillare o dermatoglifo, ovvero il risultato dell’alternarsi di creste e solchi cutanei, che assumono forme e dimensioni diverse e rappresentano il disegno papillare.

La dattiloscopia nasce agli inizi del novecento quando vengono utilizzate le impronte papillari al fine di determinare l’identità di un soggetto grazie al metodo scientifico. Questa tecnica -infatti- proprio in quanto precisa e attenta, permette di studiare e analizzare le tracce all’interno della scena del crimine. Il disegno papillare è unico in ognuno di noi e le creste cominciano a svilupparsi proprio intorno al terzo mese di gravidanza, completando al settimo-ottavo mese di gestazione.

Le impronte, infatti, non si modificano più nel corso della vita, a meno che non si subisca un trauma patologico o grave incidente. È anche utile chiarire come un disegno dermico papillare può essere differente anche all’interno dello stesso soggetto. In ogni caso è unico e irripetibile.

Ciascun tipo di impronta digitale ha dimensione, morfologia e caratteristiche dattiloscopiche attinenti. Si possono distinguere tre sistemi di linee:

-il sistema basale, costituisce il fondamento inferiore della figura dattiloscopica ed è formato da linee orizzontali situate alla base della figura e parallele alla piega articolare interfalangea;

-il sistema marginale, delimitante le porzioni laterali e superiori della figura, formato da linee a decorso arcuato, che seguono la curvatura dell’apice del dito e poi si dispongono in linee longitudinali lungo i margini del dito stesso;

-il sistema centrale, si presenta nella zona interna dell’impronta digitale e comunque all’interno dei due sistemi basale e marginale

La letteratura scientifica ci permette di individuare almeno 16-17 minuzie (particolarità papillari) presenti in ognuno di noi, al fine di giungere ad una identificazione personale certa e attendibile, tenendo sempre in considerazione che due impronte uguali non esistono in natura nemmeno nei gemelli monozigoti.

Più sarà particolare un’impronta, maggiori saranno le informazioni che potremmo dedurre dalla stessa. Tra le minuzie più frequenti si osservano per esempio le biforcazioni e le terminazioni.

L’esaltazione delle impronte papillari avviene con varie tecniche scientifiche, a seconda delle tracce e della situazione da analizzare. La tecnica più utilizzata, prevede l’utilizzo della polvere dattiloscopica ed in genere è quella più diffusa. Compito dell’investigazione è proprio quello di ricercare, studiare, analizzare e riordinare in maniera logico-scientifica, tutte le tracce presenti sulla scena del crimine. È giusto ricordare che l’evoluzione e il miglioramento di queste tecniche, grazie all’introduzione di nuove scoperte scientifiche all’avanguardia, ha arricchito e non poco la criminalistica.

Sulla scena del crimine possono poi ritrovarsi due tipologie di impronte: visibili e latenti. Le prime sono rintracciabili e riscontrabili ad occhio nudo le seconde invece, sono di più difficile analisi e meritano quindi, ulteriori approfondimenti.

Il criminologo Edmond Locard sosteneva che ogni criminale lascia sul luogo del delitto una traccia e porta via con sé qualcosa. Secondo il principio di interscambio, quando A viene a contatto con B c’è un trasferimento da A a B e da B ad A. Ricordiamo che il deposito delle impronte papillari può essere anche un insieme di secrezioni, sebo, lipidi e contaminazione di materiale esterno.

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