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Identificazione

Identificazione personale nei controlli delle forze dell’ordine: cosa prevede la legge?

L’identificazione da parte delle forze dell’ordine è una procedura volta ad accertare l’effettiva corrispondenza tra una persona fisica e i dati della stessa. Ma cosa succede se al pubblico ufficiale viene fornito un documento falso o nel caso di un rifiuto?

A eseguire la procedura di identificazione è normalmente un pubblico ufficiale, che confronta il soggetto da identificare e il suo documento di riconoscimento.

Il più usato è quello della carta d’identità, ma non è l’unico: sono considerati equipollenti anche altri documenti che, dotati di fotografia e timbro, o altra segnatura equivalente, sono ugualmente validi, in quanto rilasciati da un’amministrazione dello Stato.

Essi sono:

  • il passaporto;
  • la patente di guida;
  • il libretto del porto d’armi;
  • la patente nautica;
  • le tessere di riconoscimento rilasciate dalle amministrazioni dello Stato ai propri dipendenti.

Nell’esercizio delle sue funzioni, il pubblico ufficiale dovrà invece qualificarsi mostrando la tessera dell’organismo di appartenenza (Arma dei Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza etc).

Ma cosa succede nel caso il documento fornito al pubblico ufficiale sia scaduto? In questo caso l’agente dovrà procedere all’identificazione ricorrendo ad una dichiarazione rilasciata dal titolare della carta, il quale dovrà confermare la veridicità dei dati riportati sul documento scaduto.

Rifiuto nell’identificazione

Il rifiuto d’indicazione sulla propria identità personale costituisce il reato previsto dall’art. 651 del codice penale. In base a tale norma “Chiunque, richiesto da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, rifiuta di dare indicazioni sulla propria identità personale, sul proprio stato, o su altre qualità personali, è punito con l’arresto fino a un mese o con un’ammenda”.

Si tratta di un illecito istantaneo, che si consuma nel momento in cui si verifica il diniego. Non risulta dunque rilevante il fatto che in un secondo momento il soggetto decida di rilasciare le informazioni richieste, così come eventuali modi alternativi di riconoscimento.

I conducenti di veicoli devono invece fornire al pubblico ufficiale le generalità richieste. Se la persona ritiene erroneamente che le informazioni sono presenti nel libretto dato all’agente, ciò non esclude la configurabilità del reato.

Anche qualora non sia in servizio, il pubblico ufficiale esercita le proprie funzioni come incaricato di ordine pubblico. Ciò significa che, seppur libero dal servizio, il pubblico ufficiale può comunque accertare infrazioni amministrative e reati, essendo in servizio in modo permanente.

La falsa identità

Ai sensi dell’art. 496 del codice penale: “Chiunque, interrogato sull’identità, sullo stato o su altre qualità della propria o dell’altrui persona, fa mendaci dichiarazioni a un pubblico ufficiale o a persona incaricata di un pubblico  servizio, nell’esercizio delle funzioni o del servizio, è punito con la reclusione da uno a cinque anni”. In questo caso la norma punisce la condotta di chi dichiara il falso a un pubblico ufficiale o alla persona incaricata di pubblico servizio. E’ invece condannato con la reclusione da uno a quattro anni chiunque fabbrichi documenti falsi o chi, ex art. 497 bis del codice penale, “venga trovato in possesso di un documento falso valido per l’espatrio”.

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