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Che cos’è la Sindrome di Stoccolma e come si manifesta? 

Questo fenomeno si riferisce ad una particolare simpatia che si innesca tra vittima e carnefice, stabilendone quasi un rapporto di fiducia e di amore. Una situazione paradossale che oggi è ancora poco conosciuta e che grazie al cinema e alla letteratura si sta diffondendo.

Nils Bejerot criminologo e psicologo, ha coniato per la prima volta questo termine per definire quella tipica reazione emotiva al trauma sviluppata automaticamente a livello inconscio e legata al fatto di essere “vittima”. I sentimenti possono essere di varia natura: amore, simpatia e pensieri positivi. Atteggiamenti che vanno anche ad intaccare e contrastare l’attività delle forze dell’ordine, aiutando il sequestratore o addirittura non denunciando.

Storia e origine del nome

Il termine “Sindrome di Stoccolma“, nasce da un noto caso di cronaca avvenuto nel lontano 1973 proprio in Svezia, quando due uomini evasi dal carcere di Stoccolma rapinano una sede della Sveriges Kreditbank  tenendo in ostaggio quattro impiegati tra i 21 e i 31 anni, Elisabeth Oldgren, Kristin Ehnmark, Brigitta Lundblad e Sven Safdtrom. Il sequestro all’interno del caveau della banca è durato 131 ore, circa cinque giorni.

Come è possibile immaginare furono giorni impegnativi e difficili per chi si trovava a fronteggiare questa situazione dall’esterno mentre all’interno della banca gli ostaggi cominciarono ad avvicinarsi e stringere un forte legame con i loro sequestratori. Paradossalmente, le vittime arrivarono a difendere i loro rapitori temendo e impedendo addirittura l’arrivo delle forze dell’ordine.

Analizzando il contesto sarebbe interessante approfondire, all’interno del rapporto che lega vittima e sequestratore, la nozione di tempo: più quest’ultimo si dilata più si crea una sorta di equilibrio tra i soggetti. Paradossalmente la vittima può arrivare a pensare che il suo sequestratore tenga a lui/lei in quanto potrebbe si far del male, ma non  agisce.

Questo meccanismo di difesa quindi, innesca una serie di convinzioni e anche avversioni in chi potrebbe intervenire e salvare le vittime, finendo per difendere questi atteggiamenti.

Sindrome e sintomatologia: comportamenti e trauma

I comportamenti della vittima sono particolarmente emotivi e ricchi di significato, singolari e forse non molto comprensibili: un meccanismo mentale inconscio direttamente legato all’istinto di sopravvivenza della vittima che può, quindi, trasformarsi anche in altro.

Il nostro IO quando si trova di fronte ad un evento traumatico, può reagire in due modi: dissociandosi e creando una vera e propria bolla difensiva, oppure non riuscendo a comprendere il perché di ciò che sta subendo, comincia ad identificarsi con la realtà, plasmando e vivendo ciò che percepisce. In questo caso specifico si realizza con sentimenti amore e di riconoscenza verso l’altra persona, quindi il proprio sequestratore.

La sindrome di Stoccolma è proprio la reazione più profonda e incosciente che una persona possa avere, finendo per scambiare qualcosa che non riusciamo a comprendere, per sentimenti positivi.

È da chiarire che, sebbene sia una sintomatologia ripresa da qualche anno, all’interno del DSM Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali- non viene assolutamente riportata questa “sindrome”.

È difficile anche ritrovare quelli che vengono definiti i “fattori predittivi” in quanto ogni atteggiamento è una risposta a particolari effetti traumatici.

Tra i sintomi più diffusi sicuramente rientra il disturbo post traumatico da stress con conseguenti disturbi del sonno, incubi fobie e ricordi.

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