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Valutazione sulla capacità di intendere e di volere

Nuovi orizzonti e aggiornamenti tecnici e metodologici

Per una chiara valutazione della capacità di intendere e di volere bisogna sempre tener presente del rapporto che vi è tra la giurisprudenza e la scienza, insieme alle proprie potenzialità, complessità e limiti. Il difetto per eccellenza di questo connubio è legato alla netta mancanza di integrità. In Italia, i professionisti sono ancora legati ad una teoria della mente statica e semplificata; è chiaro che da questo metodo il livello di incorrere in errori è dietro l’angolo, anche e soprattutto nel momento in cui vi è la collaborazione con più discipline.

La perizia sulla capacità di intendere e di volere ricade nella categoria della prova scientifica; tale prova è presente nel processo penale tramite:

perito nominato dal giudice

consulente tecnico di parte

Ed è annoverata dai seguenti articoli: artt. 220, 225 e 233 del c.p.p.

L’indagine che ha per oggetto l’accertamento di cause patologiche che possano portare all’esclusione della capacità di intendere e volere al momento della commissione del reato, ossia la perizia psichiatrica, strumento principale a disposizione del giudice. Oggi, la perizia, si può arricchire grazie al contributo delle nuove tecnologie di screening, tipo neuroimaging, ma il nuovo assessment deve tenere sempre conto dei limiti legati al contesto forense.

– ogni accertamento scientifico forense deve rispondere a precisi criteri di validità

– i criteri di riferimento, per la validità giuridica, sono i criteri di Daubert

Saper esaminare gli esiti di un esame strumentale di neuroimaging richiede complesse conoscenze di tipo interpretativo e comprensivo. Le immagini ad alto impatto visivo rendono le prove altamente suggestive. Proprio questa è la specifica ostica del neuroimaging nel campo forense, in quanto è in grado di stravolgere una tecnica, dotata di oggettività e affidabilità scientifica, con l’utilizzo di strumenti che possono fuorviare un giudizio.

Per poter avanzare un’ipotesi che una persona sia incapace o parzialmente capace, è necessario essere in grado di dimostrarlo. È molto importante documentare ogni valutazione e ogni giudizio clinico, facendo riferimento sempre alla più aggiornata ricerca scientifica.

Di fondamentale importanza è il concetto di infermità: il termine non ha una precisa corrispondenza interdisciplinare fra la definizione legale e quella clinica. Bisogna prendere sempre in considerazione quadri complessi e ben strutturati, difatti:

“La nozione di infermità viene cosı` a comprendere due aspetti: quello categoriale (la diagnosi, il «che cosa ha» il soggetto in esame, da quale tipo di patologia mentale è affetto) e quello dinamico funzionale (come ha «funzionato» la psiche del soggetto in esame in riferimento a un fatto reato agito o subito)” (Fornari, 2006).

Molto rilevante oggi è l’aggiornamento delle basi teoriche, difatti, come ben sappiamo, una perizia o consulenza richiedono margini di scientificità e rigore metodologico maggiori rispetto all’attività clinica. I due ambiti sono molto differenti tra loro, sia sulla finalità che sugli strumenti; ecco che si sente il bisogno di dover scindere le due cose che considerare sempre che un fatto clinico non può essere trasposto tout court nell’ambito forense.

I nuovi aggiornamenti di ricerca riguardano anche l’ambito clinico, in particolar modo si riferiscono al confronto dall’approccio diagnostico a uno più amplificato. Due approcci che si completano a vicenda, il primo risponde a delle specifiche più “catalogate”, mentre il secondo a una nuova tipologia, quella “dimensionale” moderna e conforme alle ultime novità nel campo scientifico.

La complessità di saper osservare e valutare i disturbi mentali sta nella loro duplice natura: fenomeni naturali e costrutti sociali. Una duplice natura che trova applicabilità su un piano valutativo tramite una teoria integrata di mente, capace di fornire una rappresentazione di tipo bio-psico-sociale per una corretta interazione tra organismo e ambiente. Grazie alle ultime ricerche la doppia natura trova un assetto complementare e con una coerente valutazione che avviene attraverso un approccio ibrido.

Harmful-dysfunction approach (approccio danno-disfunzione) questo approccio riconosce la simultaneità degli aspetti biologici e sociali, in ambito psichiatrico e pone la patologia tra la vita naturale e sociale. In sintesi, la perturbazione della qualità di vita e del generale stato di benessere viene enfatizzata come la base del disturbo.

Nonostante gli svariati aggiornamenti, la problematica riguardo la classificazione dei disturbi rimane collegata sul piano descrittivo, per questo la criticità si estende anche alle considerazioni del livello di gravità dei disturbi. Infine, con l’uso delle indagini strumentali di neuroimaging non si sono potuti chiarire quei patterns che corrispondono alle attuali categorie di classificazione diagnostica.

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