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Umberto Eco e Karl Raimund Popper. Aggressività e fruizione del mezzo televisivo

I bambini iniziano a guardare la televisione tra il primo e il terzo anno di vita. Trascorrono molto tempo davanti al grande schermo e spesso senza alcun controllo. La televisione può favorire l’imitazione e il proliferare di alcuni comportamenti violenti e aggressivi che potrebbero contribuire alla formazione di una personalità debole

L’interesse degli studiosi di comunicazione sugli effetti negativi dei media sui minori non è di certo recente, è piuttosto incrementato con l’avvento della televisione. Quanta violenza è presente sul grande schermo? La prima cosa da specificare è la quantità di violenza effettivamente trasmessa in televisione, che può sicuramente variare a seconda della definizione di violenza che si decide di adottare e del modo in cui la si misura empiricamente.

Nella televisione moderna le scene violente non riportano solo aggressioni e ferimenti infatti possiamo ben parlare della Trash TV -molto diffusa- in cui vi è una divulgazione di contenuti da ritenersi violenta. In questo caso parliamo di violenza metacomunicativa che fornisce agli spettatori modelli di comportamento aggressivi dal punto di vista verbale.

Umberto Eco, semiologo e attento conoscitore dei media, sosteneva la non condanna della televisione. Secondo l’autore la TV può fare cultura ma è compito dell’uomo evitare e ridurre gli effetti negativi tramite una saggia politica culturale. Il semiologo, in un’opera pubblicata nel 1964 “Apocalittici e Integrati“, imprime due termini molto interessanti: gli ‘apocalittici‘ sono coloro che rifiutano la TV in virtù del loro effetto funesto, gli ‘integrati‘ sono coloro che ritengono che la TV agevoli la cultura.

Nell’opera ‘cattiva maestra televisione‘ (1994), il filosofo ed epistemologo Karl R.Popper, sostiene che la televisione, in dosi massicce, può dar luogo al cosiddetto effetto mainstreaming secondo cui le ideologie trasmesse contribuiscono a creare una realtà virtuale che risulta più concreta e coerente di quella vera. L’utente si trova catapultato in un contesto immaginario e riscontra dei problemi quando si relaziona con il contesto reale.  E’ stato infatti scoperto che tra la finzione logica e la verità sorprendente è la prima ad avere la meglio ed è per questo motivo che l’effetto mainstreaming ha più credibilità della realtà.  

Questo modello della realtà costruito dalla televisione fornisce al bambino una visione semplice e stereotipata delle cose, produce un modello che imita la realtà, infatti lo spettatore è convinto di avere la libertà di essere capace di interpretare giudicare ciò che viene trasmesso dalla televisione ma in realtà i parametri di valutazione sono condizionati e si assiste ad un processo di penetrazione e svuotamento della personalità. Meccanismo che può portare gravi conseguenze come difficoltà nelle relazioni interpersonali e mancata ricerca di aggregazione.  

Il mezzo televisivo, secondo Popper, dovrebbe rappresentare per sua stessa natura, una forma di libertà ma spesso ne abusa e perciò richiede una limitazione. Più una società riesce a gestire in modo consono la libertà, meno sarà necessario un suo controllo. Ma se, come nel caso della televisione, questo potere diventa incontrollato, al fine di salvaguardare la democrazia, esso va sorvegliato e limitato.

Di questo si dovranno rendere conto, volenti o nolenti, tutti coloro che sono coinvolti dal fare televisione: agiscono come educatori perché la televisione porta le sue immagini sia davanti ai bambini e ai giovani che agli adulti. Chi fa televisione deve sapere di aver parte nella educazione degli uni e degli altri.” (Cattiva Maestra Televisione-Karl Popper).

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