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Nascondersi dalla vita reale per difendersi dalle paure: nella trappola della rete

L’avvento di internet ha portato profondi cambiamenti nel lavoro, nell’istruzione e nelle consuetudini della vita di tutti i giorni. La nostra vita è cambiata così come le scelte e il modo di “vivere” i social allontanandoci dalla vita reale.

L’uso intensivo di Internet è considerato, in alcuni casi, motivo di isolamento sociale e di rifiuto delle relazioni e dei valori da parte dei giovani, fino ad innescare una problematica adolescenziale molto seria, che nell’ultimo periodo si è sviluppata in maniera crescente: il fenomeno degli hikikomori. Una patologia che si caratterizza per la pervasiva incapacità di chi ne soffre di uscire dalla propria camera, restando completamente rapito dal computer a tal punto da non riuscire ad aprire nemmeno porte e finestre.

Sembra che la dipendenza da Internet sia un fenomeno collaterale: quando l’uso della rete si sostituisce alla vita sociali può portare a gravi forme patologiche. Wellman introduce il concetto di Glocalization descrivendo un nuovo sistema sociale costituito dall’insieme delle relazioni familiari, amicali di piccoli gruppi e dall’insieme di contatti e connessioni stabilite nella rete.

Le conoscenze diventano sia locali che globali e il legame sociale può agire come un ponte per unire individui di nazionalità diverse. Secondo alcuni autori l’uso di Internet si associa a depressione, stress e basso livello di soddisfazione per la vita personale, specialmente tra coloro che usano la rete frequentemente. Altri autori sottolineano, invece, una correlazione positiva tra l’uso della rete e il benessere psicologico personale.

E’ stato inoltre discusso come il modo di comunicare e la qualità della comunicazione online fosse maggiormente scelta da coloro che possiedono scarse capacità nei rapporti interpersonali faccia a faccia. Nel confronto con i profili social può manifestarsi nel ragazzo la gelosia verso immagini e vite viste come migliori delle proprie: l’effetto è una crescita del malessere psicologico in quanto la vita online può sfociare in una forma ossessiva della rappresentazione migliore del se. Basta pensare ai filtri che nascondono le nostre vere inquietudini e i piccoli difetti, per trasformare la nostra immagine in un qualcosa di costruito e patinato. Una vita da copertina che in realtà è altro e tutto ciò non va bene oltre a creare distorsioni nella mente dei ragazzi. Dietro ogni profilo social vi è una persona con dubbi, incertezze, paure. Invece di fomentare questa perfezione, andrebbe spronata la voglia di essere unici autentici e diversi. Non giustificare ogni atteggiamento ma decostruirlo e riproporlo in maniera alternativa e facilmente comprensibile al ragazzo.

Nei social network spesso si assiste a un fenomeno chiamato self-disclosure, ovvero il mostrare la propria intimità tramite un’auto confessione. Queste auto confessioni senza reciprocità sono associate a narcisismo ed esibizionismo mentre messaggi che mostrano interesse affinità verso un partner unico può facilitare il formarsi di un’interazione reciproca e amicale. Durante le interazioni nei social si avverte il bisogno di risposta individuale e soprattutto il vissuto di reciprocità insito nella pubblicazione dei post che possono portare ad un’amplificazione dell’aggressività in cui si verificano circuiti comunicativi di tipo aggressivo nell’uso dei media da parte degli utenti.

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