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La spettacolarizzazione del dolore. Giornalismo e opinione tra cronaca accattivante e infotainment

Alex Springer, pioniere del giornalismo popolare tedesco, aveva una convinzione indistruttibile. Sosteneva che la carta stampata doveva reggersi su tre parole: sesso, sangue e soldi. A sentir l’autore un quotidiano o un settimanale capace di occuparsi a fondo di scandali sessuali, di delitti e di soldi era destinato ad avere un successo sicuro garantendo quindi, al direttore, ottimi guadagni.

Cosa si intende per spettacolarizzazione del dolore? E’ davvero così facile dare in pasto agli heaters il dolore di una vita umana? Le scelte di vita di una persona?

Per rispondere a questi interrogativi è facile partire da un caso di cronaca che nelle ultime ore ha accompagnato discussioni e commenti del popolo social: l’uccisione di Carol Maltesi, una ragazza di 26 anni freddata da chi diceva di amarla e non sopportava di sapere la sua vita lontano da lui, Davide Fontana.

Possesso? Gelosia? Morbosa attrazione? La ragazza, madre di un bambino, era un’attrice hard. Fin qui nulla di male un lavoro come un altro che permetteva alla donna di poter dare un futuro economico diverso al bambino che viveva con il padre. E invece no. Perché giornali nazionali e locali, uniti al passaparola dei social network, hanno dato rilievo solo alla notizia succosa e più interessante “porno diva”. Perché?

Quanto dovremo leggere ancora di questa descrizione romanzata del genere stereotipato? Perché non possiamo pensare, per una volta, che una donna è stata uccisa da un uomo che aveva pianificato perfettamente il tutto e poi, una volta scoperto, ha confessato dichiarando che la donna era morta dopo un “gioco erotico”? Forse la fame di gossip ha preso il sopravvento. Me lo chiedo da donna e da giornalista. Perché non riusciamo a rispettare il dolore altrui? I genitori della donna, ad esempio. Oppure il figlio stesso, che leggerà della madre e della gogna mediatica che la segue alla ricerca del contenuto piccante.

Quello dell’uso strumentale dell’informazione è un tema particolarmente delicato in Italia. Si parla spesso di “macchina del fango“, concetto che oggi ribadisce una delegittimazione, un attacco personale e uno screditamento attraverso il gossip tramite la ricerca di informazioni private, dossier e articoli di giornali ed è un sistema semplice e antico che funziona talmente bene da diventar regola. La diffamazione in questo caso, parte da un elemento piccolissimo, magari della sfera privata, che viene isolato dal contesto in cui si trova e ingigantito, gonfiato, usato per attaccare qualcuno.

In realtà la narrazione del dolore era già stata descritta dal filosofo Aristotele. L’autore parla proprio dell’effetto catartico delle tragedie sugli spettatori che, attraverso la rappresentazione di vicende dolorose e terribili quasi ad imitazione della realtà, potevano offrire agli spettatori una forma di purificazione o di liberazione (Katharòs) dalla sofferenza in quanto “male comune“.  Questa narrazione del dolore per il filosofo era quasi necessaria. Attraverso la rappresentazione nella tragedia di fatti traumatici e dolorosi, permetteva di sublimare sensazioni e specificità che ponevano sollievo alle angosce della vita.

Carol Maltesi è morta. Uccisa barbaramente il 10 gennaio con un maldestro tentativo di staging da parte dell’uomo che fino all’ultimo ha provato ad occultare ogni sua traccia: i tatuaggi, la sua femminilità e il suo corpo. Per poi disfarsene, dopo averlo sezionato in parti e abbandonato in tanti sacchi neri nelle campagne di Paline di Borno. Ed è giusto, quindi, soffermarsi sulla donna in quanto “Porno Star”? Ai posteri l’ardua sentenza.

Credo che uccidere qualsiasi creatura vivente, sia un po’ come uccidere noi stessi e non vedo differenze tra il dolore di un animale e quello di un essere umano.”  Margherita Hack

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