La riforma della Corte dei Conti approvata dalla Camera dei Deputati il 10 aprile 2025 rappresenta uno dei più significativi interventi normativi degli ultimi decenni in materia di responsabilità erariale e controlli sulla pubblica amministrazione.
La riforma della Corte dei Conti, che modifica sostanzialmente la legge n. 20 del 14 gennaio 1994, si inserisce in un percorso evolutivo iniziato con il decreto semplificazioni del 2020 e trova il suo fondamento costituzionale negli articoli 100 e 103 della Costituzione, che definiscono rispettivamente le funzioni di controllo e la giurisdizione contabile della Corte.
Il contesto storico e l’evoluzione normativa della riforma della Corte dei Conti
La disciplina della responsabilità erariale ha subito nel corso degli anni una progressiva evoluzione, caratterizzata da un costante bilanciamento tra l’esigenza di tutelare le risorse pubbliche e quella di non paralizzare l’azione amministrativa. La legge n. 20/1994 aveva già introdotto importanti innovazioni, limitando la responsabilità amministrativa ai soli comportamenti posti in essere con dolo o colpa grave, in deroga al principio generale della responsabilità per colpa anche lieve. Successivamente, la legge n. 639 del 1996 aveva ulteriormente precisato questi parametri.
Il decreto semplificazioni del 2020, convertito nella legge n. 120 dell’11 settembre 2020, aveva già segnato una svolta significativa, intervenendo sull’elemento psicologico dell’illecito amministrativo-contabile. Con l’integrazione dell’art. 1, comma 1, della legge n. 20/1994, era stato stabilito che “la prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso”, codificando così l’orientamento giurisprudenziale minoritario che richiedeva, per la configurazione del dolo erariale, non solo la consapevole violazione degli obblighi di servizio, ma anche la specifica volontà di produrre l’evento dannoso.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 132 del 2024, aveva fornito importanti indicazioni sulla legittimità costituzionale delle misure temporanee di limitazione della responsabilità erariale, sottolineando come tali disposizioni, pur giustificate dal peculiare contesto emergenziale, non potessero essere rese permanenti senza una complessiva riforma del sistema che realizzasse un più equilibrato bilanciamento tra funzione di deterrenza e necessità di non paralizzare l’azione amministrativa.
Le principali innovazioni della riforma della Corte dei Conti
Lo scudo rafforzato per gli amministratori politici
Una delle novità più significative della riforma riguarda l’introduzione di uno “scudo rafforzato” per i titolari di organi politici. La nuova disciplina stabilisce che la buona fede dei titolari degli organi politici si presume, fino a prova contraria, fatti salvi i casi di dolo, quando gli atti adottati dai medesimi titolari nell’esercizio delle proprie competenze, sono proposti, vistati o sottoscritti dai responsabili degli uffici tecnici o amministrativi in assenza di pareri formali interni o esterni di contrario avviso.
Questa disposizione rappresenta un’evoluzione significativa rispetto alla disciplina previgente, che già prevedeva, per gli atti rientranti nella competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi, che la responsabilità non si estendesse ai titolari degli organi politici che in buona fede li avessero approvati. La novità sostanziale consiste nell’inversione dell’onere della prova: mentre in precedenza la buona fede doveva essere documentata dall’amministratore, ora essa è presunta fino a prova contraria, trasferendo al giudice contabile l’onere di dimostrare la malafede.
L’unica eccezione a questa presunzione rimane rappresentata dai casi di dolo o dalla decisione di non tenere conto di pareri contrari, interni o esterni. Tale previsione mira a tutelare quegli amministratori che, affidandosi al supporto tecnico degli uffici competenti, adottino decisioni sulla base di valutazioni professionali qualificate, purché non sussistano elementi che dovrebbero indurre alla prudenza.
La limitazione del quantum risarcitorio
Un altro aspetto centrale della riforma riguarda la quantificazione del danno erariale. Per i casi di colpa grave, il risarcimento non potrà superare il 30% del danno accertato e non potrà eccedere il doppio della retribuzione annua del responsabile. Questa limitazione si aggiunge al potere riduttivo già riconosciuto al giudice contabile, che può porre a carico dei responsabili tutto o parte del danno accertato, valutando le singole responsabilità.
La ratio di questa previsione è duplice: da un lato, si intende evitare che la prospettiva di condanne eccessivamente gravose possa indurre i funzionari pubblici a comportamenti eccessivamente prudenziali che finiscano per paralizzare l’azione amministrativa; dall’altro, si vuole mantenere un effetto deterrente proporzionato alla gravità della condotta. Il tetto massimo di due annualità di stipendio rappresenta un parametro oggettivo che consente una prevedibilità delle conseguenze economiche dell’eventuale responsabilità.
Inoltre, la riforma prevede che l’avvenuto spontaneo adempimento del pagamento di ogni importo indicato nella sentenza definitiva di condanna determini la cessazione di ogni altro effetto della condanna medesima. Questa disposizione elimina le sanzioni accessorie per coloro che, pur non avendo agito con dolo, provvedano spontaneamente al risarcimento del danno accertato, favorendo così una rapida definizione delle controversie e il recupero delle somme dovute all’erario.
La riforma della Corte dei Conti: la prescrizione
La riforma della Corte dei Conti interviene significativamente sui termini di prescrizione del danno erariale, stabilendo che il diritto al risarcimento si prescrive in ogni caso in cinque anni, decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, “indipendentemente dal momento in cui l’amministrazione o la Corte dei conti ne sono venuti a conoscenza”. Questa modifica elimina l’incertezza interpretativa che aveva caratterizzato la giurisprudenza precedente, dove spesso si faceva riferimento al momento della conoscenza del danno da parte dell’amministrazione per determinare il dies a quo della prescrizione.
L’unica eccezione è rappresentata dai casi di occultamento doloso del danno, “realizzato con una condotta attiva”, per i quali la prescrizione di cinque anni decorre dalla data della scoperta. Questa previsione è condivisibile in quanto evita che comportamenti fraudolenti volti a nascondere il danno possano beneficiare del decorso del tempo, mantenendo al contempo un termine certo e ragionevole.
La norma risponde all’esigenza di certezza giuridica e di ragionevole durata dei procedimenti, evitando che indagini possano essere avviate a distanza di decenni dalla commissione del fatto, come talvolta accaduto in passato. Tuttavia, essa solleva anche questioni di tutela dell’erario, poiché limita nel tempo la possibilità di recuperare danni che potrebbero emergere solo successivamente.
La riorganizzazione delle funzioni requirenti: aspetti controversi della riforma della Corte dei Conti
Uno degli aspetti più controversi della riforma riguarda la riorganizzazione degli uffici di procura e la gerarchizzazione delle Procure territoriali rispetto alla Procura Generale. La nuova disciplina prevede una delega in materia di organizzazione ed efficienza della Corte dei conti che, tra i principi e criteri direttivi, indica la riorganizzazione delle funzioni requirenti.
Attualmente, seguendo il Codice di giustizia contabile, si individua un procuratore generale e un procuratore regionale con vice procuratori generali e sostituti procuratori generali addetti all’ufficio per ogni Regione, con competenza esclusiva a promuovere le azioni di responsabilità nel territorio di competenza.
La riforma propone invece un modello che fa riferimento alla Procura generale e a procure territoriali (non più regionali) rette da un procuratore preposto all’ufficio sotto il coordinamento del Procuratore generale. A quest’ultimo sarebbero riconosciuti generali poteri di indirizzo e coordinamento, poteri di avocazione delle istruttorie in caso di violazione degli indirizzi e l’obbligo di sottoscrivere, a pena di nullità, gli atti più rilevanti, congiuntamente al procuratore territoriale.
Questa previsione solleva significative perplessità sotto il profilo costituzionale, poiché l’assetto proposto creerebbe un’ampia gerarchizzazione che mal si concilia con l’autonomia di cui sono dotati i magistrati, che secondo l’art. 107, comma 3, della Costituzione si distinguono fra loro solo per diversità di funzioni. Tale modello rappresenta un ritorno alla situazione antecedente agli anni 1991-1993, quando la funzione requirente era accentrata presso gli uffici del Procuratore Generale a Roma, ma contrasta con l’esperienza più che trentennale che ha dimostrato l’efficacia delle procure regionali come presidi di legalità sul territorio.
La previsione nella riforma della Corte dell’esimente automatica per atti sottoposti a controllo
Si stabilisce che qualora un atto della pubblica amministrazione superi il controllo preventivo di legittimità della Corte dei Conti, non sia più possibile sottoporre a giudizio per responsabilità erariale gli amministratori che lo abbiano adottato, qualora dalla sua attuazione derivino danni all’erario. Questa norma definisce un’esimente automatica, a prescindere dalle azioni che ne conseguono e dal comportamento del funzionario o amministratore.
L’esclusione della gravità della colpa opera non solo per l’emanazione di un atto vistato e registrato in sede di controllo preventivo di legittimità, ma anche per gli atti richiamati e allegati che costituiscono il presupposto logico e giuridico dell’atto sottoposto a controllo. Con tale disposizione, le condotte gravemente colpose e dannose risultano non perseguibili, indiscriminatamente, a condizione che derivino dall’atto vistato o da quelli allegati e richiamati nello stesso.
La riforma della Corte dei Conti e il silenzio-assenso nel controllo preventivo
Una delle disposizioni più controverse prevede che, trascorsi i trenta giorni indicati dal procedimento di controllo, in assenza di deliberazione da parte della Sezione, l’atto si intende registrato, anche ai fini dell’esclusione della responsabilità. Con una sorta di silenzio-assenso, si considera eseguito il controllo della Corte dei conti senza che nessun vaglio di legittimità sia stato svolto dai magistrati, estendendo il medesimo regime di esenzione previsto in caso di vaglio preventivo di legittimità.
Le Sezioni Riunite della Corte dei conti, nel parere n. 3/2024, hanno evidenziato come “sul piano sostanziale, l’esclusione dalla colpa grave in caso di silenzio determina l’apodittico discarico da responsabilità rispetto ad atti per i quali non vi è stata alcuna valutazione di legittimità“. Il silenzio-assenso sarà equivalente alla registrazione degli atti sottoposti a controllo preventivo di legittimità, indipendentemente dal fatto che il magistrato contabile si pronunci o meno.
Le criticità e i profili problematici della riforma della Corte dei Conti
L’indebolimento della funzione deterrente
Una delle principali criticità della riforma riguarda il rischio di indebolimento della funzione deterrente della responsabilità erariale. L’estensione delle esimenti e la limitazione del quantum risarcitorio, pur giustificate dall’esigenza di favorire un’amministrazione più efficiente, potrebbero ridurre l’effetto di deterrenza che la prospettiva della responsabilità erariale ha tradizionalmente esercitato sui comportamenti dei pubblici amministratori.
La Corte Costituzionale ha evidenziato come la responsabilità amministrativa presenti un carattere composito, in ragione del concorrere delle funzioni di prevenzione, risarcitoria e sanzionatoria. L’alterazione di questo equilibrio potrebbe compromettere l’efficacia complessiva del sistema di tutela delle risorse pubbliche.
I rischi per la tutela dell’Erario
Il quadro normativo della riforma, sotto alcuni aspetti, potrebbe favorire situazioni di impunità per i politici coinvolti in cattiva gestione dei fondi pubblici, indebolendo il sistema dei controlli sulle risorse pubbliche e riducendo la possibilità di chiedere conto agli amministratori degli eventuali danni erariali causati. Il rischio è che si possa consentire agli amministratori pubblici di sfuggire alle proprie responsabilità senza dover risarcire adeguatamente i danni causati alla collettività dalla propria azione gravemente colposa.