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I nuovi media sono nuove lingue. Come educare nella società della rete?

Educare, implica accettare fino in fondo le mutate condizioni del mondo digitale in cui il tempo non è lineare e prevedibile come nel passato, ma accelerato. 

Herbert Marshall McLuhan, studioso della comunicazione di massa, utilizza la locuzione “Villaggio Globale” per rappresentare il passaggio dall’era meccanica a quella tecnologica, analizzando tutte le modifiche che questo delicato momento ha rappresentato.

Secondo l’autore, i media sarebbero dilatazioni dei sensi dell’uomo, occorre quindi costruire una nuova cultura “elettronica” che si affianchi a quella orale e scritta del passato in grado di guidare “razionalmente” la trasformazione in atto, non dimenticando che i media sono nuovi modi di lettura del comportamento. Nella società contemporanea i giovani sono sempre più connessi e i social sono ormai parte integrante della loro vita. Tuttavia, in alcuni casi, i nostri ragazzi non riescono a comprendere in qual misura la condivisione di contenuti possa essere potenzialmente dannosa.

In una società altamente digitalizzata è necessario acquisire nuove competenze e specializzazioni: l’attuale sistema educativo fornisce prodotti sempre più deludenti e insoddisfacenti. I ragazzi di oggi, nella società della rete, sono continuamente stimolati dai media nel costruire percorsi individuali. Nel mondo virtuale la libertà di scelta -almeno apparentemente- si dilata, diminuiscono le regole e cala l’attenzione. Mutano i rapporti con i pari e si costituiscono nuove forme di amicizie e comunità virtuali. La rete può essere un mondo accogliente e aggregativo ma resta pur sempre un mondo virtuale, lontano dalla routine quotidiana e dalle relazioni umane.

Nell’attuale modernità si sperimenta una nuova solitudine: la sempre più crescente difficoltà ad incontrarsi con gli altri pur vivendo insieme con una conseguente mancanza di rapporti umani. La stessa vita si trasforma in un percorso tortuoso caratterizzato dalla scomparsa di tappe rigide non essendoci più distinzione tra infanzia, adolescenza, gioventù, età adulta e terza età.

Le immagini che scorrono veloci sullo schermo invalidano tempi e spazi tradizionali deglutendo le possibilità di scegliere con raziocinio. Il rischio che si corre  è proprio quello di restare sommersi nella molteplicità di stimoli possibili aldilà del bisogno effettivo degli stessi: non più l’uomo soggetto e la tecnica strumento a sua disposizione, ma la tecnica che dispone dell’uomo come suo funzionario. L’uomo contemporaneo perde il ruolo e diviene una sorta di dipendente dalla cultura tecnologica attuale.

La società della rete abolendo la distinzione tra adulto e bambino e negando il valore dell’educazione protettiva, forma essere umani difficilmente capaci di assumere scelte alternative rispetto a quelle rese legittime dalla globalizzazione.

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