Che impatto hanno avuto le modifiche introdotte dal DDL sicurezza sulle misure alternative alla detenzione per madri detenute? Quali le conseguenze per la tutela dei diritti dei minori?
Il provvedimento dell’Ufficio di Sorveglianza di Bologna del 3 giugno 2025, offre uno spaccato significativo delle tensioni che attraversano il sistema penitenziario italiano in relazione alla tutela delle donne madri, particolarmente alla luce delle modifiche introdotte dal decreto-legge 11 aprile 2025, n. 48, noto come “DDL sicurezza“. L’analisi di questo provvedimento rivela come il legislatore abbia operato una riforma che incide profondamente sui diritti delle detenute madri, modificando sensibilmente l’equilibrio tra esigenze di sicurezza pubblica e tutela della maternità.
La questione centrale riguarda l’irretroattività delle nuove disposizioni normative. Il caso specifico riguarda una donna che aveva ottenuto il differimento della pena nelle forme della detenzione domiciliare ex art. 47 ter c. 1 ter O.P., beneficiando della disciplina previgente per le madri di prole di età inferiore ad anni uno.
Le donne detenute madri e il DDL sicurezza
Il decreto-legge n. 48/2025 ha operato una significativa modifica dell’art. 146 del codice penale, che disciplina il rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena. La riforma ha inciso sulla norma modificando sensibilmente la disciplina in ordine al rapporto tra misura alternativa e detenzione domiciliare, introducendo nuove condizioni e limitazioni che rendono più difficoltoso l’accesso ai benefici per le donne madri. Particolarmente significativa è la modifica che ha interessato l’art. 147 del codice penale, che ora prevede al numero 3) situazioni disciplinari che ricomprendono le condizioni della donna incinta e di madre di prole di età inferiore ad anni 1, prima disciplinate nell’art. 146 c.p.
La novella legislativa ha specificato che nei casi indicati nei numeri 3) e 3-bis) del primo comma (“3. se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita nei confronti di donna incinta o di madre di prole di età inferiore a un anno; 3-bis. se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita nei confronti di madre di prole di età superiore a un anno e inferiore a tre anni”) il provvedimento è revocato qualora la madre sia condannata dalla sentenza definitiva per reati contro la persona ai sensi dell’articolo 330 del codice civile, il figlio muoia, venga abbandonato o affidato ad altri soggetti, ovvero quando la madre, durante il periodo di differimento, pone in essere comportamenti che causano un grave pregiudizio alla crescita del minore.
Inoltre, l’esecuzione della pena non può essere differita se dal rinvio deriva una situazione di pericolo di commissioni di ulteriori delitti.
L’individuazione del punto di equilibrio e il differimento obbligatorio ex art. 146 c.p. rappresenta il frutto di una scelta rigida operata dal legislatore che accorda prevalenza alle esigenze poste alla base del differimento rispetto a quelle di prevenzione generale.
Tuttavia, la riforma ha introdotto elementi di maggiore discrezionalità giudiziale, prevedendo che nel differimento facoltativo ex art. 147 c.p. la ponderazione dei diritti e degli interessi antinomici sia rimessa alla valutazione della magistratura di sorveglianza.
La madri detenute e la decisione del Magistrato di Sorveglianza di Bologna
Un aspetto particolarmente critico emerso dall’analisi della norma novellata ad opera del magistrato bolognese, riguarda l’impatto della normativa d’urgenza del D.L 48/2025, che incide in termini peggiorativi su istituti che attengono al diritto penale sostanziale ed eventualmente nella forma attenuata della detenzione domiciliare. La disciplina consegna la decisione al giudice e non esclude più l’opzione carceraria in misure come quelle eccezionali, determinando una trasformazione qualitativa del trattamento penitenziario. Il Magistrato ha richiamato la fondamentale sentenza n. 32/2020 della Corte Costituzionale, che ha affrontato la questione dell’irretroattività delle modifiche normative in materia penitenziaria. La Corte ha stabilito che le modifiche in peius della disciplina dell’esecuzione della pena possono violare il divieto di retroattività della legge penale quando comportino una trasformazione della natura della pena e della sua incidenza sulla libertà personale del condannato. Questo principio assume particolare rilevanza nel caso delle donne madri, dove la modifica normativa può trasformare una pena eseguibile “fuori” dal carcere in una pena da scontare “dentro” il carcere.
Tuttavia, la giurisprudenza più recente ha riconosciuto al tribunale di sorveglianza maggiori poteri discrezionali, si è, infatti, stabilito che il Tribunale di sorveglianza può disporre l’applicazione della detenzione domiciliare in luogo del differimento tout court dell’esecuzione della pena, previa valutazione complessiva delle esigenze di tutela della sicurezza pubblica e della situazione personale del condannato. La sentenza n. 219/2023 della Corte Costituzionale ha affrontato la questione della parità di genere nell’accesso alle misure alternative, confermando la legittimità della diversa disciplina prevista per padri e madri detenuti. La Corte ha ritenuto che la scelta legislativa di privilegiare in via primaria il rapporto con la madre trova fondamento nella particolare rilevanza storicamente attribuita alla relazione materna nei primi anni di vita e nella consonanza con gli strumenti internazionali sul trattamento penitenziario delle condannate madri.
L’attuale sistema normativo per la tutela del minore e le madri detenute
Il sistema normativo attuale prevede una pluralità di disposizioni volte a tutelare il superiore interesse del minore. Queste includono il differimento obbligatorio della pena per madri di infanti sotto l’anno di età, il differimento facoltativo per madri di prole sotto i tre anni, la detenzione domiciliare ordinaria per pene non superiori a quattro anni in favore di donne incinte o madri di prole under 10 convivente, e l’assistenza all’esterno dei figli minori di dieci anni.
La ratio dell’istituto risiede nella protezione del minore quale soggetto debole e meritevole di tutela, distinto dal condannato. L’accesso alla misura è subordinato all’assenza di concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti o di fuga e alla possibilità di ripristinare la convivenza con i figli. Tuttavia, le modifiche introdotte dal DDL sicurezza hanno reso più stringenti questi requisiti, introducendo nuove cause di revoca e limitazioni all’accesso ai benefici.
Madri detenute e criticità del nuovo “pacchetto sicurezza”
La normativa d’urgenza incide in termini peggiorativi su istituti che, pur avendo riguardo alla sottoponibilità ad esecuzione nell’alternativa tra esecuzione-differimento, attengono al diritto penale sostanziale ed eventualmente nella forma attenuata della detenzione domiciliare. Mentre nel sistema previgente, a fronte del ricorrere delle condizioni di legge, l’esito del procedimento era predeterminato a monte dal legislatore, la nuova disciplina consegna la decisione al giudice e non esclude più l’opzione carceraria in misure come quelle eccezionali.
La questione assume particolare rilevanza considerando che il differimento della pena rappresenta uno strumento fondamentale per garantire il diritto del minore a mantenere un rapporto continuativo con la madre nei primi anni di vita.
Il bilanciamento tra esigenze di sicurezza pubblica e tutela della maternità rappresenta uno dei nodi centrali della riforma. Infatti, nel caso in cui dovesse sussistere una valutazione di pericolosità sociale del condannato, il tribunale di sorveglianza può disporre, in luogo del differimento, la detenzione domiciliare a termine. Tale previsione normativa risponde alla duplice esigenza di garantire l’effettività dell’espiazione della pena e il necessario controllo dei soggetti pericolosi, assicurando al contempo un’esecuzione compatibile con il senso di umanità.
Il provvedimento dell’Ufficio di Sorveglianza di Bologna evidenzia come la riforma abbia introdotto una maggiore complessità procedurale, richiedendo valutazioni più articolate da parte della magistratura di sorveglianza, la quale deve operare un bilanciamento tra la tutela dei minori e la necessità di impedire la commissione di ulteriori reati, tenendo conto delle specifiche condizioni personali e comportamentali della richiedente.
L’impatto della riforma si manifesta anche nella diversa modulazione delle misure alternative alla detenzione. Il nuovo sistema prevede una gradazione più articolata degli interventi, che va dal differimento puro e semplice alla detenzione domiciliare, fino alla custodia attenuata per detenute madri. Questa diversificazione, pur offrendo maggiori strumenti al giudice, comporta anche una maggiore incertezza per le donne madri circa l’esito delle loro istanze.
La riforma del DDL sicurezza si inserisce in un contesto più ampio di inasprimento delle politiche penali, che ha visto negli ultimi anni una progressiva riduzione degli spazi di applicazione delle misure alternative alla detenzione. Tuttavia, nel caso delle donne madri, questa tendenza si scontra con principi costituzionali e convenzionali consolidati, che impongono una particolare attenzione alla tutela dei diritti del minore e della maternità.