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Gli assassini di Laura Ziliani in Assise tra manipolazioni e piani stupidi

Cosa spinge oggi Silvia e Paola, le due figlie della Ziliani, e il loro uomo Mirto a dire che hanno ucciso perché sapevano che lei voleva uccidere loro? Cosa ci dice di loro tutto questo?

Era l’8 maggio 2021 quando la Ziliani spariva da Temù

L’avrebbero ritrovata mesi dopo. Oggi sono a processo le due figlie, Paola e Silvia Zani, e l’ex fidanzato di quest’ultima, Mirto Milani. Mai viste due sorelle uccidere la propria madre! Sappiamo il movente, i soldi e le tante case che gestiva Laura. Non capiamo bene il comportamento che gli imputati stanno avendo in questi giorni alle Assise di Brescia.

Il piano omicida nasce tra Mirto e Paola, con Silvia di supporto. Le buche le scavano Mirto e Paola. Unite le sorelle nel dividersi l’uomo (era successo questo, alla fine), uniti tutti e tre nel pianificare ed eseguire il colpo. Ma oggi i tre protagonisti del delitto appaiono lontani tra loro, in aula. Paola parla e dice di aver subito abusi sessuali e bullismo nel periodo scolastico, qualcosa che non si sapeva.

La Ziliani voleva avvelenarci!

Ma non è questo: c’è dell’altro, che stanno dicendo adesso. Paola, Silvia e Mirto: tre confessioni fotocopia sul fatto che Laura Ziliani volesse ucciderli. E che dunque siano stati “obbligati” ad agire per primi. Ovviamente una spiegazione priva di senso: potevano allontanarsi dalla Ziliani, potevano denunciarla ai carabinieri, potevano raccogliere le prove dei presunti tentati omicidi e farle analizzare. invece no, le distruggono. Laura, dicono, tentava di avvelenare il sale, la marmellata. E il fidanzato della mamma, essendo odontotecnico, poteva maneggiare senza sospetto delle sostanze che potevano aiutarla. Avevano, i tre, l’incubo che la Ziliani li avvelenasse col cibo.

Ecco, una cosa colpisce. Se si chiede loro il movente, è evidente, è palese che stiano attribuendo alla madre il loro proprio movente, cioè quello di voler gestire lei tutte le proprietà.

Paola, Silvia e Mirto stanno riverberando infatti sulla loro vittima il loro proprio movente e il loro proprio comportamento. Perchè sono stati loro a uccidere per le proprietà, perché sono stati loro che ci hanno provato in tutti i modi: mettendo l’antigelo nella tisana di Laura, poi nel vino, poi i semi di ricino nella torta, poi preparando dei muffin alle benzodiazepine. Un crescendo di determinazione omicida, ispirato alla visione a ripetizione di serie televisive. Ora però la colpa non è più loro, la colpa è della loro vittima. Confessare hanno già confessato, perché adesso aggiungere questo?

Il ruolo del disturbo mentale

Omicidi come questi nascono dall’incontro di tre persone. E’ possibile che se Mirto Milani non fosse entrato nella vita delle sorelle Zani, il loro rapporto con la madre sarebbe rimasto quello di un disaccordo familiare come ce ne sono a migliaia. E invece il suo arrivo ha, forse, liberato qualcosa. Un’acredine, un astio che covava sotto la cenere.

Quelle lacrime negli appelli in tv subito dopo la scomparsa della madre, le lacrime delle sorelle, indicano per Massimo Picozzi che il loro distacco dalla Ziliani era iniziato molto tempo prima, tutto il tempo che ci è voluto per poter fingere un dolore che non si provava affatto. Un’acredine e un astio si sono cementati in quel rapporto a tre. E si sono autoalimentati nei loro probabili disturbi mentali.

Ecco, i disturbi. Sono loro a rendere i tre inattendibili nelle loro recenti affermazioni. A mettere controluce Paola, Silvia si vedono megalomania e narcisismo. Si muovono tra vero e falso, ideano un piano stupido e ci credono. A mettere controluce Mirto si vede il suo istrionismo: tenta continuamente di manipolare gli altri. Si sente onnipotente. Dal carcere ha cercato di far arrivare dei fogli con le istruzioni difensive alle sorelle ed è stato tanato subito.

La manipolazione

E allora: perchè dire queste assurdità? Strategia difensiva o autosuggestione? Il vostro cronista propende per la prima. Non hanno ancora capito che il gioco è finito, che le manipolazioni e i piani stupidi non funzionano più per tirarsi fuori dai guai. Per ora, questo è tutto quello che sanno fare. E’ il loro schema mentale abituale.

Insomma, c’è poco da chiamarli diabolici: Silvia, Paola e Mirto sono umani, molto umani. Avidi, come tanti. Forse disturbati, come tanti. Assassini da quattro soldi, come tanti. E, come tanti, pagheranno.

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