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Quando la vita privata finisce sui social: accuse, colpi di scena e tradimenti

Un matrimonio già organizzato nel 2020 posticipato per ben due volte, finalmente fissato per il mese di ottobre. Una vicenda che ha tenuto banco per settimane nei talkshow e trasmissioni e che coinvolge due stimati professionisti di Torino: finanziere lui, imprenditrice ed esperta di comunicazione politica lei.

Cosa succede quando la vita privata e tutto ciò che dovrebbe restare intimo, viene consegnato in pasto ai social? E’ quello che mi chiedo da giorni, dopo aver visto e seguito la vicenda di una coppia di Torino, due professionisti stimati e le accuse di reciproci tradimenti.

Ti farò il più grande dei regali. Il dono che ti faccio è la libertà. Non ti sposo più.

La festa e le accuse di tradimento

Fine luglio è stato organizzato a Torino un party di annuncio per le nozze dell’imprenditore Massimo Segre e della compagna imprenditrice ed esperta di comunicazione politica, Cristina Seymandi. Durante la serata però, qualcosa non è andato come previsto.

Il finanziere torinese ha rivelato ai presenti di essere stato tradito e vittima delle bugie della compagna, che avrebbe dovuto sposare tra qualche mese. La scena ripresa attraverso i canali social degli invitati è stata oggetto di critiche pesanti e di affermazioni poco cordiali nei giorni successivi.

Il Garante della Privacy, proprio in seguito alla diffusione del video, ha avviato un’indagine sulla condivisione del materiale diventato ormai virale di questa vicenda, che giorno dopo giorno accoglie nuovi particolari e nuove sfumature.

Nel frattempo l’imprenditrice si è fatta risentire sulla vicenda, affidando le parole ad una lettera condivisa dal suo legale, nella quale spiega come sono andate le cose. Chiede rispetto per le persone coinvolte e per lei, specificando di essere stata vittima di una vendetta al fine di recarle un danno, e che al momento condivide con il suo ex più di un progetto lavorativo.

La spettacolarizzazione del dolore e la vendetta

Da sempre l’uomo raffigura la sofferenza e il dolore. Già Aristotele sottolineava l’effetto catartico sugli spettatori delle tragedie, che attraverso la rappresentazione di vicende dolorose e terribili ad imitazione della realtà potevano offrire agli spettatori una forma di purificazione o di liberazione (Katharòs) dalla sofferenza in quanto “male comune”.

In altri termini, Aristotele esaltava la rappresentazione della tragedia come strumento dotato di proprietà terapeutiche, in quanto, riproducendo fatti gravi o luttuosi della vita,  li “sublimava” in un sentimento di pietà e di terrore ponendo in qualche modo rimedio alle angosce quotidiane.

In questa vicenda di cronaca, di gossip e di spettacolarizzazione vi è molto di tragicomico.

Vi è la vita di due persone data in pasto ai media, vi è la privacy violata e si, una violenza. A prescindere da chi ha tradito e perché, parliamo di una vera e propria festa “orchestrata ad arte” come ha riportato nella lettera la stessa Seymandi, creata per danneggiarla e per dare in pasto ai media una vicenda sicuramente ricca di significato.

Non spetta a noi e non daremo nessuna interpretazione della vicenda, quello che è interessante comprendere riguarda proprio i commenti e le diffusioni all’indomani della festa, che hanno descritto l’uomo ferito e tradito e la donna calcolatrice e subdola, solo perché invece di rispondere alle accuse ha fatto finta di nulla.

Mi chiedo, cosa possiamo sapere noi di quello che stava vivendo la donna nel preciso istante in cui l’uomo che doveva sposare, la accusa di tradimenti e di bugie? Presa alla sprovvista e gettata in pasto alla gogna mediatica. D’altro canto per l’uomo potrebbe essere stato un gesto disperato, un rappresentare alle persone di essere vittima di tradimenti e quindi ferito. Comunque un modo di fare che poco si sposa con il rispetto dell’altra persona. Si dice che i panni sporchi si debbano lavare in casa, questa volta forse non era così.

Un certo Alex Springer, pioniere del giornalismo popolare tedesco, aveva una convinzione indistruttibile. Sosteneva infatti, che la carta stampata doveva reggersi su tre parole: sesso, sangue e soldi; a sentir lui, un quotidiano o un settimanale capace di occuparsi a fondo di scandali sessuali, di delitti e di soldi era destinato ad avere un successo sicuro, garantendo quindi, al direttore, ottimi guadagni

Giampaolo Pansa, ‘Carta straccia-Il potere inutile dei giornalisti italiani’- Rizzoli 2011

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