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Permessi Legge 104: la mancata comunicazione non giustifica il licenziamento

La Cassazione ha stabilito che l’assenza non comunicata per legge 104 configura una violazione del dovere di correttezza, che può essere gestita con un provvedimento disciplinare, ma non può comportare il licenziamento.

I permessi previsti dalla Legge 104/1992 sono un diritto essenziale per molti lavoratori che vivono personalmente una condizione di disabilità o si prendono cura di un familiare disabile. Solitamente i dipendenti che utilizzano tali permessi, informano preventivamente il datore di lavoro, quando intendono usufruirne. Cosa accade se la comunicazione non viene effettuata? Quali sono le conseguenze per il lavoratore? Il datore di lavoro può intervenire solo con un provvedimento disciplinare o può anche procedere con il licenziamento?

Sulla questione è intervenuta di recente la Corte di Cassazione: con una lettura garantista della legge 104, ha stabilito che la mancata comunicazione non può essere equiparata a un’assenza ingiustificata e pertanto il licenziamento è considerato illegittimo, a meno che non sia esplicitamente previsto dal contratto collettivo.

Con l’ordinanza 5611/2025, la Suprema Corte ha ribadito che è sempre necessario comunicare all’azienda, con debito anticipo, l’utilizzo dei permessi 104. Non è invece previsto che il dipendente chieda autorizzazione: il datore di lavoro non ha discrezionalità nel concederli, deve solo limitarsi a verificare la presenza dei requisiti di legge. In questo contesto, è doveroso sottolineare che non di rado le policy aziendali prevedono la compilazione di un modulo di richiesta dei permessi 104. Si tratta di una prassi di per sé lecita, se è finalizzata a un’ottimizzazione del lavoro, in relazione alle presenze/assenze dei dipendenti.

Il caso

L’iter giudiziario oggetto dell’ordinanza ha riguardato il licenziamento di un dipendente di una srl, che si è assentato dal lavoro usufruendo dei permessi ex art. 33, comma 3, della Legge 104/1992 – per oltre una settimana – senza fornire alcuna comunicazione all’azienda.

La Cassazione ha sancito che il fatto contestato non sussiste. Il datore di lavoro avrebbe potuto impugnare la mancata informazione preventiva, che di fatto implica una violazione del dovere di correttezza. L’assenza di una comunicazione però, non equivale all’assenza ingiustificata, che può comportare il licenziamento. Permette eventualmente di adottare una sanzione meno grave.

La Cassazione ha inoltre evidenziato che nel caso in esame, il datore di lavoro era al corrente delle ragioni dell’assenza del dipendente, se pur in maniera informale. Un aspetto quest’ultimo che ha senz’altro influenzato la decisione della Corte, mettendo in luce l’importanza di valutare il contesto nella sua globalità.

Un ultimo dato degno di nota riguarda il CCNL applicabile al dipendente: non prevedeva alcun obbligo di comunicazione del permesso 104.

Una sentenza in linea con le precedenti

Con l’ordinanza 5611/2025, la Cassazione ha tracciato una linea di demarcazione netta tra la semplice omissione di comunicazione e l’assenza ingiustificata, offrendo indicazioni chiare e applicabili in una pluralità di casi afferenti a settori e ambienti lavorativi differenti.

Quest’ultima sentenza non è tuttavia “innovativa”, è conforme alla giurisprudenza. Nel 2018, con la sentenza n.119, la Corte d’Appello di Milano aveva affermato che “l’utilizzo dei permessi 104 è soltanto da comunicare con debito preavviso, tranne casi straordinari e imprevisti, per consentire all’azienda di organizzarsi”.

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