A diciotto anni dall’omicidio di Chiara Poggi, la Procura di Pavia ha riaperto il caso grazie all’impiego di nuove tecnologie forensi, tra cui scanner ottici, software avanzati e test di ultima generazione. Il focus delle nuove indagini è su un’impronta, la numero 33, ora attribuita ad Andrea Sempio.
Nuove tecnologie forensi per riesaminare il caso Garlasco
Il delitto di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007, ha visto come colpevole l’ex fidanzato Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni di reclusione. La recente riapertura delle indagini da parte della Procura di Pavia, guidata da Fabio Napoleone, si fonda sull’impiego di strumentazioni hardware e software oggi disponibili e allora inesistenti.
Al centro delle nuove indagini, c’è l’impronta numero 33, rilevata all’epoca del delitto dal RIS di Parma, sulla parete della scala che conduce alla cantina della villetta di via Pascoli in cui è stata uccisa Chiara Poggi. Sebbene fosse stata individuata già il 29 agosto 2007, con l’ausilio della ninidrina spray, le creste presenti sul frammento prelevato risultavano insufficienti per una comparazione dattiloscopica.
Solo oggi, grazie a un nuovo rilievo dattiloscopico su Andrea Sempio, effettuato con scanner laser e successivamente con il metodo dell’inchiostro, i tecnici sono riusciti a identificare corrispondenze significative. Secondo quanto riportato dalla Procura, il confronto ha evidenziato la presenza di 15 minuzie compatibili, sufficienti per attribuire l’impronta al palmo destro della mano di Sempio.
L’impronta 33: dalle analisi biologiche alla dattiloscopia avanzata
Gli accertamenti più recenti non si sono limitati a nuove comparazioni, ma hanno incluso anche un’analisi sulla natura biologica dell’impronta. L’esame, eseguito con l’Obti test, specifico per la rilevazione di sangue umano, ha dato esito negativo. Il colore rosato osservato era infatti dovuto al reagente chimico e non alla presenza di emoglobina. Come spiegato da Marzio Capra, consulente della famiglia Poggi, la ninidrina utilizzata nel 2007 genera un colore rosa-violetto che può essere confuso con il sangue, ma non ne indica necessariamente la presenza.
Questo chiarimento è fondamentale per ridimensionare le interpretazioni precedenti e concentrarsi sul dato tecnico. L’impronta non contiene materiale ematico, ma ha conservato le creste cutanee necessarie per un’attribuzione dattiloscopica attendibile, resa oggi possibile dall’utilizzo di scanner ad alta precisione e di software di comparazione avanzati.
Tecnologia e verità: i cold case prendono nuova luce
Secondo Marilena Cipollaro, docente e medico forense, collaboratrice del RIS di Parma per alcuni cold case, la Polimerase Chain Reaction (PCR) resta ancora oggi una tecnica fondamentale per l’analisi del DNA. Tuttavia, il vero salto di qualità è avvenuto con nuovi strumenti e tecnologie di rilevazione delle impronte e nella disponibilità di enormi database biometrici, in grado di velocizzare e raffinare il lavoro degli inquirenti.
È grazie a queste nuove tecnologie forensi che impronte labili o parziali, una volta archiviate come inutilizzabili, possono essere reinterpretate con esiti giudiziari potenzialmente dirompenti. La combinazione tra scanner ottici, reagenti più stabili, software analitici e banche dati sempre più estese consente infatti una lettura più accurata e replicabile delle tracce.
L’omicidio di Garlasco sembrava un caso chiuso, eppure oggi le evidenze tecnologiche sollevano nuovi interrogativi. Il sistema giudiziario italiano, spesso ritenuto refrattario al cambiamento, ha dimostrato invece in questa occasione di saper integrare l’innovazione scientifica con rigore giuridico.