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Microdosing, l’ultima moda dei manager: quali controlli sono possibili e cosa prevede la legge

Il microdosing aumenta la concentrazione, allevia lo stress e aiuta i lavoratori con la produttività. E’ un trend che si sta diffondendo sempre di più tra i manager di diverse società, ma ancora illegale in molti paesi. Ma quali sono i rischi?

Il microdosing è un fenomeno in forte aumento tra i manager, perché pare favorisca la produttività e la creatività sul lavoro. Questo nuovo trend, che consiste nell’assumere piccole quantità di stupefacenti, è ancora illegale nella maggior parte dei Paesi.

Sono numerose le società olandesi che spediscono ai cittadini dell’Unione europea piccole dosi di psichedelici. Tra queste spicca Microdose Pro, una startup che produce spore commestibili di funghi contenenti psilocibina con sede ad Amsterdam, considerata la capitale europea del fenomeno.  

L’uso di sostanze dopanti ha effetti benefici?

Le droghe fanno male. Eppure a farne uso è un numero sempre più alto di CEO della Silicon Valley, che non si nascondono più, ma anzi ne parlano pubblicamente. Persino Elon Musk avrebbe ammesso di assumere ketamina, facendo preoccupare investitori e azionisti dell’impatto che questa notizia potrebbe avere sulle società. Il suo consumo sarebbe aumentato specialmente dopo la pandemia, quando le aziende avrebbero avuto un generale calo nelle prestazioni. Per questo alcuni manager hanno voluto provare qualcosa di nuovo, in grado di ridurre ansia e stress. Jo Barnard, fondatrice dell’agenzia di design industriale Morrama, lamentava una stanchezza cronica che aveva importanti ripercussioni sul suo lavoro. Per questo ha deciso di fare ricorso all’Amanita muscaria, e di prepararsi per tre mesi un tè utilizzando questo tipo di droga. In questo lasso di tempo, l’imprenditrice avrebbe notato un aumento dell’appetito, più idee, una riduzione dei dolori muscolari e una migliore qualità del sonno.

Cosa dice la scienza

Secondo alcuni studi scientifici, queste droghe porterebbero i soggetti che ne fanno uso ad essere più creativi e dalla mente più aperta. I funghetti con una base di psilocibina sembrerebbero alleviare sintomi di ansia e stress, portando a un livello maggiore di benessere. Tuttavia, occorre precisare che le ricerche sono state condotte per capire gli effetti a scopo ricreativo, ma non lavorativo. Lo scorso anno Bodhy Buit, specializzando alla University of Amsterdam, ha indagato sugli effetti del microdosing all’interno di una startup, sia nei confronti dei singoli sia a livello globale. La ricerca ha riguardato un periodo di almeno quattro settimane e un’assunzione di piccole dosi di droghe in due giorni lavorativi a settimana.

I singoli partecipanti hanno dichiarato di aver sperimentato una maggiore apertura mentale, concentrazione e calma e minore stress. Ma insieme ad essi, sono stati notati anche alcuni effetti negativi, tra cui una maggiore indifferenza e un’attenuazione delle proprie emozioni, uniti a una qualche forma di disagio fisico.

Il microdosing in Italia

Nella maggior parte dei paesi la moda del microdosing è una pratica illegale. L’Italia non fa eccezione e non ne ammette il suo consumo per il lavoro. Il tema è disciplinato da varie normative, tra cui il D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, il decreto legislativo n. 81/2008 e alcuni accordi.

Previsti per legge, gli esami tossicologi sul lavoro sono obbligatori per alcune categorie in particolare. Sono dipendenti che non possono sottrarsi a questa verifica perché le mansioni sono ritenute pericolose per sé o per terzi. Solitamente si tratta di visite annuali che vengono svolte da un medico competente, unitamente ad altre visite della Sorveglianza Sanitaria. La data dei controlli non viene mai comunicata con preavviso salvo alcuni casi specifici. Avvengono tramite la raccolta di campioni di saliva o l’analisi delle urine.

I lavoratori soggetti a questo tipo di controllo non possono rifiutarsi di sottoporsi agli accertamenti riconosciuti dalla legge. Qualora dovesse accadere, il dipendente dovrà essere sospeso dalle sue mansioni, rischiando l’arresto fino a 15 giorni, una sanzione pecuniaria compresa tra i 103 e 309 euro e il licenziamento. L’obbligo, tuttavia, non riguarda solo il lavoratore, ma anche il suo datore, responsabile della sicurezza dei suoi sottoposti. Se non provvede a rispettare i propri doveri, potrebbe rischiare dai 2 ai 4 mesi di carcere, oltre a una multa di oltre 25 mila euro.

Se il lavoratore risulta positivo ai test

Qualora effettuati i test, il lavoratore dovesse risultare positivo, verrà dichiarato non idoneo a svolgere la propria mansione. Il datore potrà decidere se sospenderlo o affidargli un’attività diversa. Il medico competente dovrà successivamente valutare se fargli eseguire nuovi esami o se inviarlo al SERT o altre strutture nel caso sospetti una tossicodipendenza.

Altri tipi di accertamenti

Esistono poi una serie di accertamenti come quello preventivo di screening, a cui vengono sottoposti i lavoratori prima di essere assegnati a una mansione, ma dopo essere stati già assunti. Oltre a questo, segue l’accertamento per ragionevole dubbio che, introdotto tra non poche critiche, può essere avviato su richiesta del datore di lavoro. Tuttavia la raccolta degli indizi e i sospetti sull’uso di sostanze stupefacenti creano grande incertezza sull’applicabilità di questa norma. All’elenco si aggiunge poi l’accertamento a seguito di incidente, che serve per escludere che il lavoratore, in seguito a un evento e addetto a una certa attività, possa assumere sostanze illecite. L’ultimo tipo di accertamento, infine, è quello di follow up, che si ha alla conclusione di un percorso in cui il lavoratore era stato trovato positivo a un test per droga. Perché possa tornare alla mansione svolta precedentemente, occorrono diversi controlli effettuati regolarmente, per poter dichiarare che il soggetto non sia più consumatore abituale di quelle sostanze.

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