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Cospito, tra obblighi morali e responsabilità dello Stato

Cospito continua la sua lotta con lo sciopero della fame, ma la Cassazione conferma il regime del 41bis contro l’anarchico responsabile di due attentati terroristici.

L’anarchico abruzzese Alfredo Cospito resterà in regime di carcere duro. E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione sabato 25 febbraio, rigettando la richiesta contro il 41bis. Ora i legali stanno valutando il ricorso alla Corte europea per i diritti dell’uomo.

Ad oggi, è l’unico detenuto sottoposto al regime di massima sicurezza per motivi politici. La decisione, presa dalla Corte suprema lo scorso maggio, è stata adottata dopo aver ritenuto pericolosa ogni possibile comunicazione del carcerato con l’esterno.

La condanna al 41 bis

L’uomo, già condannato per aver gambizzato nel 2012 Roberto Adinolfi, dirigente di Ansaldo Nucleare, è stato successivamente ritenuto colpevole per aver fatto esplodere nel 2006 due pacchi bomba. L’attentato, diretto alla scuola degli Allievi Carabinieri di Fossano, non ha causato morti o feriti.

Considerato tra i leader della Federazione anarchica informale (Fai), è stato condannato a 9 anni e 5 mesi per il caso Adinolfi e a 20 anni di reclusione in primo e secondo grado per l’esplosione.

Nel 2022, dopo sei anni di reclusione, la Cassazione giudica Cospito non più colpevole di strage contro la pubblica incolumità, ma strage contro la sicurezza dello Stato. L’anarchico avrebbe infatti incitato il proprio gruppo ad intraprendere nuove azioni terroristiche con mezzi più efficaci e violenti, indicando gli obiettivi da colpire.

Cospito, sciopero della fame e condizioni di salute

Il 20 ottobre scorso, Cospito ha deciso di iniziare lo sciopero della fame in segno di protesta. Per l’abruzzese il regime del 41 bis dovrebbe essere abolito in quanto incompatibile con il rispetto della dignità umana.

Le sue condizioni di salute, peggiorate col tempo, avrebbero portato ad un suo trasferimento da una prigione sarda al carcere milanese di Opera. A quattro mesi di distanza, la sua posizione non è cambiata. Al contrario, si è sempre mostrato fermo nelle sue convinzioni, anche dopo il ricovero nel reparto di medicina penitenziaria dell’Ospedale San Paolo. La decisione della Cassazione, arrivata durante il periodo di permanenza del detenuto nella struttura, non l’ha fatto desistere nelle sue intenzioni. Consapevole delle conseguenze delle sue azioni, Cospito non assumerà né vitamine né integratori, ma solo acqua con sale.

Dopo due settimane trascorse nel reparto di medicina penitenziaria dell’Ospedale San Paolo, lunedì 27 febbraio l’anarchico è stato riportato al carcere di Opera. Secondo il suo medico di fiducia, se non riprenderà ad assumere integratori, la sua salute potrebbe peggiorare presto.

Testamento biologico e rifiuto dei trattamenti sanitari

Le condizioni dettate dall’abruzzese sono chiare: interromperà lo sciopero della fame solo se il regime di carcere duro verrà abolito. Se le sue condizioni dovessero peggiorare e portarlo ad uno stato di incoscienza, rifiuterà qualsiasi trattamento imposto contro la sua volontà. E’ quanto si evince dal testamento biologico sottoscritto dallo stesso Cospito, che continua nella sua battaglia nonostante sia convinto di morire presto. Ma è certo che qualcuno proseguirà quanto da lui iniziato.

La posizione dello Stato

L’amministrazione penitenziaria è responsabile per l’incolumità dei suoi carcerati. Ciononostante, ad oggi non esiste una normativa che regolamenti il trattamento sanitario obbligatorio come quello della nutrizione forzata, l’unica in grado di salvare oggi la vita di Cospito.

L’art. 41 dell’amministrazione prevede che i suoi operatori possano intervenire per prevenire o impedire atti di violenza o tentativi di evasione, ma non consente di procedere a un trattamento sanitario obbligatorio. Una serie di circolari del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) si limita a elencare una serie di condotte, tra cui:

  • l’obbligo di informare il detenuto sulle possibili conseguenze di un prolungato sciopero della fame;
  • tenere sotto costante osservazione e controllo medico lo stesso;
  • trasferirlo in strutture sanitarie idonee a disposizione dell’amministrazione.

Nel caso Cospito questi obblighi, finora sempre rispettati, non potrebbero dunque comportare una possibile responsabilità in caso di morte. Le disposizioni lasciate dal detenuto e la mancanza di un’apposita norma di legge che imponga il trattamento non possono impedire a Cospito di rinunciare all’alimentazione forzata e ad altri trattamenti.

D’altra parte, l’art. 32 della Costituzione riconosce il diritto del singolo di scegliere se curarsi o il diritto a non farlo.

Lo Stato, intanto, non sembra voler cedere alle pressioni dettate dallo stato di salute del detenuto. Con una nota Palazzo Chigi ha fatto sapere che queste condizioni sono inaccettabili. “Nessuna rivendicazione o proposta” – si legge – “potrà mai essere presa in considerazione se portata avanti con questi metodi”.

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