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Condannato da una larva: il caso Alton Coleman

Difficile trovare un uomo peggiore di Alton Coleman, classe 1956. Sornione, credibile, manipolatore, sapeva vincere le resistenze delle persone che incontrava, farsi credere, per poi esplodere di colpo in una furia sessuale che non risparmiava nulla. Il suo appetito sessuale prendeva tutto: maschi, femmine, bambini. Ma fu una larva a perderlo.

Riuscì per diverso tempo, per quanto arrestato e sospettato, a sfuggire alle condanne perché terrorizzava così tanto le sue vittime che loro si rifiutavano di testimoniare temendo che, se fosse stato assolto, si sarebbe vendicato su di loro con maggior violenza, se possibile.

Nell’estate del 1984 Coleman si muove per gli Stati Uniti con la sua ragazza, Debra Brown. Stupri, molestie sessuali, furti sono all’ordine del giorno. Come schegge esplose da una granata, attraversano cinque Stati. Quando li arrestano a luglio, sono accusati di 8 omicidi, sette stupri e 14 rapine. Commessi in 53 giorni. Dovrebbe essere facile condannarli, ma Coleman confida che persino stavolta il suo modo di fare in tribunale sarà vincente e credibile. La Procura Distrettuale capisce che deve avere carte solide da giocare, per vincere.

Decidono di puntare su un omicidio commesso in Illinois, che implicherebbe la pena di morte. Lì Coleman aveva passato un mese a fare l’amicone e guadagnarsi la fiducia di una donna, poi, il 29 marzo, l’aveva finalmente convinta a far andare con lui sua figlia di 9 anni per prendere un regalo per la festa della Mamma. Era un trucco: quella bambina non tornò mai indietro.  Fu ritrovata tre settimane dopo nella vasca da bagno di un edificio abbandonato.

Gli investigatori si presero l’intera vasca per esaminarla in laboratorio. Sulla porta della stanza c’era un’impronta di Coleman, sì, ma poteva esser stata lasciata in qualsiasi momento.  Brown ammise che nelle ore del delitto il suo uomo non era con lei e che quando rientrò, alle 8 di mattina, aveva detto di aver fatto qualcosa di veramente brutto. L’FBI chiese all’entomologo forense Bernard Greenberg di dare una mano. Lui raccolse tutte le larve e gli insetti, vivi e morti, che trovò sopra e dentro il corpo della bambina. All’inizio non riuscì a farsi aiutare dagli insetti: non si riusciva a capire il tempo di morte. Ma un mese dopo maturarono alcun bozzoli che erano stati prelevati e incubati. Erano dei mosconi blu. Greenberg sapeva a che temperatura iniziavano la metamorfosi e che temperatura c’era stata la notte del delitto. Fece i suoi calcoli. Ma non bastava per dare una collocazione davvero certa in giudizio.

Usò calcoli ancora più specifici ed ebbe l’ora: la bambina era stata uccisa a mezzanotte. Fu sufficiente per convincere la giuria e Coleman fu condannato a morte. L’esecuzione fu il 26 aprile 2002. Debra Brown, per quanto giudicata ritardata mentalmente e sua succube, non sfuggì alla pena di morte.

L’entomologia forense è cresciuta molto da allora e ha consentito la datazione di molti delitti. È stata usata, anni fa, per affermare che le ultime vittime del Mostro di Firenze non potevano essere state uccise nella notte di domenica 8 settembre 1985, a Scopeti (Firenze) ma almeno 24 ore prima, se non di più. Le larve trovate sul corpo di Nadine Mauriot erano troppo lunghe e perfino l’allora capo della Squadra Anti Mostro, Sandro Federico, si rese conto che dovevano essere di giorni prima. Un nuovo esame delle foto delle larve, compiuto anni dopo, ha confermato che in quel caso il medico legale si era sbagliato nel datare il delitto. L’entomologia è stata usata, ancora, nel caso della morte di Viviana Parisi e del figlio Gioele Mondello, avvenuta nelle campagne di Caronia, in Sicilia, nell’agosto del 2020. Un caso di probabile suicidio-omicidio, come dichiarato dalla Procura di Messina. A studiare il corpo della Parisi fu l’entomologo forense Stefano Vanin. Fu un esame complesso e non facile che, integrato con gli esami medico-legali, contribuì ad accertare che l’infanticidio commesso dalla madre restava la causa di morte più probabile.

Foto di Krysten Merriman su Unsplash

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