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anomia

Anomia, insicurezza e devianza sociale

Origine e evoluzione del concetto con Durkheim e Bauman

Il termine anomia significa letteralmente “assenza” o “mancanza di norme”, deriva dal greco “a” (senza) e “nomos” (norma, legge). Nel IV secolo a.C. veniva associato da Senofonte al significato di illegalità e senso di disprezzo verso le leggi. Il concetto lo ritroviamo in lingua inglese durante il Seicento, divenendo il pensiero centrale del sociologo E. Durkheim, secondo il quale il termine “anomia” vuol dire mancanza di regolamentazione sociale e morale, in grado di mantenere entro certi limiti il comportamento degli individui. Poco più tardi L. Festinger ha definito l’anomia come uno stato di dissonanza cognitiva, una situazione di complessa elaborazione cognitiva in cui le idee, i valori e le credenze di un determinato soggetto o gruppo si trovano in contrasto funzionale tra loro.

Durkheim distinguerà due tipi di anomia che possono fortemente modificare e destabilizzare il pensiero e il comportamento di determinati individui, acuta e cronica. La prima è quando un individuo vive un improvviso cambiamento, come la morte di una persona a lui vicina; la seconda invece è dovuta da un repentino e profondo mutamento sociale. Uomo e animale da sempre hanno dovuto adattarsi ai vari cambiamenti ambientali, ma hanno anche dovuto sviluppare quella che in psicologia è chiamata resilienza. La famiglia per prima, poi lavoro e ambiente, mettono alla prova e formano la capacità di resilienza di ogni persona.

Nel saggio Il suicidio la nozione di anomia ha un significato diverso, forse anche più preciso poiché viene inserita in un insieme di dicotomie. La prima dicotomia mette in contrapposizione i concetti: altruismo e egoismo. Durkheim identifica il concetto di egoismo con il concetto di individualismo. La propensione media degli individui all’egoismo o all’altruismo varia a seconda della società, della cultura e della situazione. Per determinare i comportamenti individuali, le norme collettive esercitano un ruolo importante nelle società tradizionali, piuttosto che nelle società moderne.

La nozione di “anomia” viene utilizzata come sostituto alla deregolamentazione sociale, morale, oggettiva e soggettiva che rimane ancora oggi uno dei concetti più utilizzati in ambito sociologico. L’anomia viene implicata in diversi autori come riferibile a fenomeni sociali differenti.

Facendo una combinazione dei vari atteggiamenti possibili si ottengono quattro fondamentali modi di adattamento: conformista, ritualista, innovatore e rinunciatario.

Facendo riferimento alla devianza, l’anomia viene ripresa da Merton, che nella sua teoria della tensione, si riferisce proprio a quella tensione alla quale viene sottoposto il comportamento individuale quando la realtà e le norme entrano in conflitto. Se l’anomia aumenta si può notare un significativo incremento della criminalità violenta. La violenza è presente sempre all’orizzonte della vita sociale, la soglia più bassa dove può arrivare una persona. Si possono evidenziare due concezioni di violenza: anomica e strategica.

“È assurdo fare dell’uomo felice un solitario: nessuno, infatti, sceglierebbe di possedere tutti i beni a costo di godere da solo; l’uomo è un essere sociale e portato per natura a vivere insieme con gli altri.  Questa caratteristica, quindi, appartiene anche all’uomo felice. […] L’uomo felice ha bisogno di amici”. Tratto dall’opera di Aristotele, Etica Nicomachea, in cui esprime la sua massima molto famosa, in cui definisce l’uomo come un animale sociale che per sua natura tende ad aggregarsi ad altri individui e a costituirsi in società. La società è la condizione sine qua non per l’esplicazione della personalità individuale, nella realtà sociale prevalgono le relazioni unilitaristiche. Per Bauman le società contemporanee, la dimensione economica assorbe ogni cosa. Oggi si sente la mancanza di quei modelli di convivenza e solidarietà che consegue un perenne stato di insicurezza e sensazione di pericolo.

Viviamo tra paure, insicurezze, incertezze e continuo senso di smarrimento, viviamo in un’epoca che vede la crisi delle fondamenta stesse della comunità: la famiglia, la scuola non riescono più a educare ma solo a istruire. Così molti giovani si perdono la via, smarriti nella modernità liquida di Bauman e in quella anomica e ancora attuale di Durkheim.

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